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L’oncologa Italiana Patrizia Paterlini Bréchot con il suo test, già utilizzato in 20 centri in tutto il mondo, può scoprire la presenza di un tumore quattro anni prima che si manifesti.
Grazie a una analisi di laboratorio messa a punto dall’oncologa Patrizia Paterlini Bréchot, a Parigi, dove dirige l’Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) all’Université Descartes, è già possibile da oggi far diagnosi di cancro in netto anticipo rispetto a Tac, Pet e Risonanza.
Il test, già utilizzato in 20 centri in tutto il mondo, è stato presentato ufficialmente, prima volta in Italia, all’Istituto Sdn di Napoli, nell’ambito del ciclo di incontri “L’infor-mazione al servizio della salute”, ideato dal direttore scientifico Marco Salvatore già nel lontano 2015.
La scienziata, emiliana di nascita e da 25 anni in Francia (un cervello in fuga, insomma), già da tempo ha spiegato che il suo test Iset (Isolation by Size of Tumor Cells), ormai già commercializzato aveva come obiettivo primario quello di “far diminuire in modo massivo la mortalità per cancro. I pazienti non muoiono per il tumore primitivo che li ha colpiti ma per le metastasi. Le cellule neoplastiche sono nel sangue per anni, prima di andare a proliferare in altri organi e formare metastasi. Ed è questa la finestra in cui era necessario intervenire”.
Uno spazio temporale durante il quale le tecniche di imaging, non sono in grado di “vedere” cellule delle dimensioni di un millimetro.
A differenza del test, sicuro e al riparo da falsi positivi e falsi negativi. L’ostacolo è che queste minuscole cellule, precisa la Paterlini, sono rarissime, «nell’ordine di una per millilitro di sangue. Che vuol dire, in media, una mescolata a 5 miliardi di globuli rossi e a 10 milioni di globuli bianchi. È come individuare su tutta la terra, una persona tra i sette miliardi della popolazione mondiale». La ricerca, dopo avere escluso la possibilità di isolare le cellule tumorali con anticorpi o mezzi molecolari, ha sfruttato un elemento fisico, la taglia. «Nel nostro studio il nodulo è diventato visibile in cinque pazienti, da uno a quattro anni dopo l’identificazione delle cellule tumorali nel sangue attraverso il test», continua la scienziata.
«Per il tumore al seno, ad esempio, si sa che l’invasione neoplastica comincia 5, 6 anni prima della diagnosi per immagini, ecco, in quest’arco di tempo è possibile adesso identificare il tumore. Purtroppo, per ora, il test ci informa sulla presenza di cellule tumorali ma non da quale organo derivano». A usufruirne per primi, in Francia, saranno i pazienti già colpiti da neoplasia. In questo modo potranno sapere con largo anticipo se svilupperanno negli anni successivi una recidiva e, quindi, combatterla prima che si manifesti. Una volta scoperte le cellule tumorali, infatti, i pazienti potranno essere trattati con un farmaco e capire entro qualche settimana se la terapia praticata fa effetto o meno».
Ecco i servizi andati in onda sulla in Rai, al TGR ed a Otto e mezzo dedicato al test dell’Oncologa Patrizia Paterlini Bréchot nel lontano 2015.