Sandro Ruotolo e le storie di mafia – Il giornalismo d’inchiesta va difeso dallo Stato

 

Sandro Ruotolo

 

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Sandro Ruotolo e le storie di mafia – Il giornalismo d’inchiesta va difeso dallo Stato

 

Prima gli hanno tolto la scorta, poi gliel’hanno ridata per una sollevazione popolare, straordinaria per questi anni in cui tutto sembra passare sopra le teste della gente senza che ci siano reazioni evidenti. In questo caso la gente si è fatta sentire. Perché a Sandro Ruotoloci si è affezionati fin dai tempi in cui Michele Santoro lo chiamava in collegamento dalle sue trasmissioni: “Sentiamo dov’è Sandro Ruotolo” arrotolando la erre del cognome.

E ci si presentava questo signore, con dei grandi baffoni che negli anni si sono via via imbiancati e sembra infoltiti. E senza grandi clamori, senza autoreferenzialità di sorta, eccolo lì a mettere il microfono davanti a capibastone, mafiosi e altri personaggi del genere.

Il nostro eroe nasce a Napoli nel 1955 e inizia a fare il giornalista nel 1974 lavorando per il quotidiano Manifesto. Dall’80 entra in Rai come corrispondente dalla Campania e dal 1988 inizia a collaborare con Michele Santoro seguendolo nei vari spostamenti dalla Rai a Mediaset.

Nel 1997 viene uccisa per errore dalla Camorra la cugina Silvia, che si trova tragicamente in mezzo a una sparatoria.

Sandro Ruotolo si candida nel 2013 nelle liste dell’ex magistrato Antonio Ingroia: la lista non ha successo e il giornalista non viene eletto ma rimane famoso il suo rifiuto di stringere la mano durante un dibattito televisivo a Simone Di Stefano di CasaPound dichiarandosi: “Orgogliosamente antifascista”.

E poi la fa troppo grossa perché la Camorra gliela lasci passare liscia. Michele Zagaria, boss del clan dei Casalesi, nel 2015 lo minaccia di morte a seguito di un’inchiesta sui rifiuti tossiciin Campania. E a Ruotolo viene assegnata la scorta.

Nei primi giorni di febbraio di quest’anno la notizia invade i giornali: hanno revocato la scorta al giornalista campano. Lo annuncia l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando via Twitter.

Forse qualcuno ha pensato che passati 4 anni la Camorra si sia dimenticata di lui? Che non sia più necessaria la protezione?

La risposta è ben scandita da Sandro Borrometi sull’agenzia di stampa Agi: «Vi invito a riascoltare il video con la deposizione al ‘maxi processo’ a Palermo del collaboratore di giustizia più importante di tutti i tempi: Tommaso Buscetta. Ai giudici che gli chiedevano come sia possibile che, dopo anni, i mafiosi abbiano ucciso un uomo che li ha denunciati, lui risponde: ‘La mafia non ha scadenze’. Le condanne delle mafie, purtroppo, sono tremende. E chi le vive lo fa con paura ma, soprattutto, con la consapevolezza di fare solo e soltanto il proprio dovere. Paura, appunto, che un giorno ti dicano ‘ecco adesso possono ammazzarti’. Perché con le mafie non si scherza. E sono tanti, troppi, i casi di chi ci ha rimesso la vita quando è stato lasciato solo.»

Di fatto, togliere la scorta a Ruotolo significava impedirgli di fare il suo lavoro – attualmente il giornalista collabora con Fanpage.it e altri siti -, non avrebbe potuto farsi vedere a Caserta e in altri posti pericolosi.

«Perché?» viene dunque da chiedersi… Quale sia stato il motivo – e qualche insinuazione nella rete si trova – la notizia della revoca della scorta a Ruotolo fa il giro dei giornali e del web, ne parlano tutti e pochi giorni dopo la decisione viene sospesa. Uno degli ultimi giornalisti d’inchiesta è protetto e tutti tiriamo un sospiro di sollievo.

 

fonte: https://www.peopleforplanet.it/sandro-ruotolo-e-le-storie-di-mafia/

 

Sandro Ruotolo e le storie di mafia – Il giornalismo d’inchiesta va difeso dallo Statoultima modifica: 2019-02-26T22:51:43+01:00da eles-1966
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