Piroscafo Oria, il disastro rimosso. Il massacro che ci hanno fatto dimenticare – 4.200 prigionieri italiani che dopo l’8 settembre si erano rifiutato di collaborare con i nazi-fascisti, caricati come bestie su una barchetta che non stava a galla per il peso, morirono nel naufragio del 12 febbraio 1944

 

Piroscafo Oria

 

 

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Piroscafo Oria, il disastro rimosso. Il massacro che ci hanno fatto dimenticare – 4.200 prigionieri italiani che dopo l’8 settembre si erano rifiutato di collaborare con i nazi-fascisti, caricati come bestie su una barchetta che non stava a galla per il peso, morirono nel naufragio del 12 febbraio 1944

Settantasei anni fa affondava il piroscafo norvegese. A bordo c’era sei volte il numero di passeggeri che la nave poteva trasportare

Molte persone non sono a conoscenza di una tragedia avvenuta durante la seconda guerra mondiale: il naufragio del Piroscafo norvegese Oria nella notte tra l’11 e il 12 Febbraio 1944. 4200 famiglie italiane persero i propri cari, i propri figli in fondo al bellissimo Mar Egeo nei pressi di Capo Sounion.

A bordo della nave c’erano circa di 4.200 italiani prigionieri che si erano rifiutati di aderire al nazismo o alla RSI dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943. Con loro, 90 tedeschi di guardia e l’equipaggio norvegese.

Tutti ragazzi do 20, 21 anni o poco più… I sopravvissuti furono solo una trentina

8 settembre 1943: i soldati italiani, colpevolmente lasciati senza ordini, vengono catturati dai tedeschi e deportati nei lager nazisti. Sono 650.000; la maggior parte di loro si rifiuta di aderire al nazismo o alla Repubblica fascista di Salò.

In tanti hanno sentito parlare della eroica resistenza, sull’isola di Cefalonia, della 33ª Divisione “Acqui”, del generale Antonio Gandin e del barbaro eccidio di circa 6500 soldati, la maggior parte dei quali uccisi dopo la cessazione dei combattimenti, per vendetta.

Ma chi conosce la tragedia del piroscafo Oria?

La nave che era stata requisita dai tedeschi, salpò l’11 febbraio 1944 da Rodi per il Pireo. A bordo più di 4200 prigionieri italiani da internare nei lager nazisti, 90 soldati tedeschi di guardia, oltre agli uomini dell’equipaggio norvegese.

Il 12 febbraio, a causa del sovraccarico e travolto da una tempesta, l’Oria affondò presso Capo Sunio (sulla punta meridionale dell’Attica), a poche miglia dalla destinazione finale.

I soccorsi furono ostacolati dalle pessime condizioni del mare: si salvarono solo 37 italiani, 6 tedeschi, un greco, 5 uomini dell’equipaggio.

I cadaveri di circa 250 uomini, spinti sulla costa dalla tempesta, furono sepolti in fosse comuni e, in seguito, traslati in cimiteri dei paesi della costa pugliese e, poi, nel Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. I resti di tutti gli altri non sono mai stati recuperati.

La storia del naufragio del piroscafo Oria e la sorte di quegli uomini furono ignorate per decenni anche in Italia nonostante ci fossero le testimonianze dei pochi sopravvissuti; tra di esse, quella del barlettano Giovanni Corcella e quella del sergente di artiglieria Giuseppe Guarisco che il 27 ottobre 1946 redasse un lucido, dettagliato resoconto del naufragio per la Direzione generale del Ministero della Difesa.

“Dopo l’urto della nave contro lo scoglio venni gettato per terra e quando potei rialzarmi un’ondata fortissima mi spinse in un localetto situato a prua della nave, sullo stesso piano della coperta, la cui porta si chiuse. In detto locale c’era ancora la luce accesa e vidi che vi erano altri sei militari. Dopo poco la luce si spense e l’acqua iniziò ad entrare con maggior violenza. Salimmo in una specie di armadio per restare all’asciutto, di tanto in tanto mettevo un piede in basso per vedere il livello dell’acqua. Passammo la notte pregando col terrore che tutto si inabissasse in fondo al mare.

Le ore passavano ma nessuno veniva in nostro soccorso […]. Uno di noi, sfruttando il momento che la porta rimaneva aperta, si gettò oltre essa per trovare qualche via d’uscita e dopo un’attesa che ci parve eterna lo vedemmo chiamarci al di sopra del finestrino. Ci disse allora che era passato attraverso uno squarcio appena sott’acqua. Un altro compagno, pur essendo stato da me dissuaso, volle tentare l’uscita ma non lo rivedemmo più.

Quello che era riuscito ad uscire ci disse che dove eravamo noi, all’estremità della prua, era l’unica parte della nave rimasta fuori dall’acqua e che intorno non si vedeva nessuno all’infuori degli aerei che continuavano a incrociarsi nel cielo e ai quali faceva segnali. Poco dopo si accostò una barca con due marinai; essi dissero che erano italiani, dell’equipaggio di un rimorchiatore requisito dai tedeschi. Ci dissero di stare calmi che presto ci avrebbero liberati. Ma sopraggiunse l’oscurità e dovemmo passare un’altra nottata più tremenda forse della prima”.

 

 

 

Piroscafo Oria, il disastro rimosso. Il massacro che ci hanno fatto dimenticare – 4.200 prigionieri italiani che dopo l’8 settembre si erano rifiutato di collaborare con i nazi-fascisti, caricati come bestie su una barchetta che non stava a galla per il peso, morirono nel naufragio del 12 febbraio 1944ultima modifica: 2020-02-11T22:15:32+01:00da eles-1966
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