29 aprile 2003: la posa della prima pietra per il MOSE. Oggi, dopo 5,5 miliardi buttati e storie di tangenti e mafia, non funziona e probabilmente non funzionerà MAI. Un fallimento – Ma state sereni, il suo obiettivo primario lo ha raggiunto: far mangiare gli sciacalli che ci giravano intorno!

MOSE

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29 aprile 2003: la posa della prima pietra per il MOSE. Oggi, dopo 5,5 miliardi buttati e storie di tangenti e mafia, non funziona e probabilmente non funzionerà MAI. Un fallimento – Ma state sereni, il suo obiettivo primario lo ha raggiunto: far mangiare gli sciacalli che ci giravano intorno!

Non funzionerà. Bisognava fare come in Olanda. È tutto un magna magna. Non funziona. Con quello che ci hanno mangiato. Non ha funzionato. Sono tutti corrotti. Servirebbe ben altro. Le locuzioni che avete letto sono una selezione ristretta dei pareri comuni sul Mose, il sistema di barriere mobili per trattenere fuori dalla laguna l’acqua alta che rovina Venezia ed eccita i turisti.

Come un magnete, dal 2003 l’opera attrae i dubbi degli scettici. Giustamente. Dopo 25 anni dai primi abbozzi del progetto, dopo 15 anni dalla posa della prima pietra, dopo avere spento e spanto con generosità babilonese 5,5 miliardi pubblici, Venezia non ha ancora le dighe mobili e continua a finire sott’acqua.

Dopo il passato, ecco i fatti di oggi.

Il Mose non funziona ancora perché potrà funzionare solamente quando sarà finito… Se mai sarà finito

Finora è costato la cifra paperonesca di 5,5 miliardi.

Sopra ci hanno mngiato un po’ tutti.

Le barriere mobili se mai saranno completate, per funzionare avranno bisogno della realizzazione della parte impiantistica.

Si è visto che alcune parti si ammalorano prima del previsto e la manutenzione sarà assai cara, forse un centinaio di milioni l’anno.

Nel mondo ci sono molti esempi di paratoie che difendono i bassopiani costieri, per esempio in Olanda o alla foce del Tamigi in Inghilterra. Ma invece di grandi opere di ingegneria semplice e ingombrante, per Venezia negli anni ’70 si decise: le barriere contro l’acqua alta dovranno avere due caratteristiche irrinunciabili.

Primo, dovranno essere invisibili, non come quei colossi olandesi che rovinano il paesaggio e ingombrano ettari su ettari.

Secondo, non solamente invisibili ma anche “reversibili”. Cioè se un domani si inventasse una tecnologia oggi sconosciuta, le barriere dovranno poter essere dimenticate come se non fossero mai esistite.

L’unica soluzione per conseguire questi due princìpi irrinunciabili era costruire barriere che quando fossero a riposo sparissero sott’acqua senza dare alcun ingombro. A scomparsa: questo il principio secondo cui dal primo progetto di massima del 1981 sono state progettate le dighe mobili.

Quando l’acqua salirà oltre il livello stabilito (è stato deciso di chiudere le barriere con una marea di 110 centimetri, ma con questa scelta sarà allagata parte di piazza San Marco) le barriere saliranno dal fondo delle tre bocche di porto e divideranno la laguna dall’Adriatico.

Fu creato un potentissimo concessionario unico per lo Stato, il Consorzio Venezia Nuova, formato da imprese, il quale dopo dissipazioni colossali di denaro il 14 maggio 2003, alla presenza del presidente del consiglio Silvio Berlusconi, avviò la costruzione delle dighe a scomparsa.

Costo iniziale previsto, 3.200 miliardi di lire, ovvero 1,6 miliardi di euro. Di sperpero in sperpero, oggi si sa che l’opera costerà 5,5 miliardi di euro, tre volte e mezzo di più.

Gli euro scorrevano a fiumi con generosità: partiti politici, imprese, funzionari dello Stato, associazioni di ogni colore e tonalità, comprese bocciofile e cori di battellieri, ricevettero segnali di tanta generosità. Il gioco si interruppe con lo scattare di manette. Inchieste, retate, scatoloni di documenti, un’infinità di intercettazioni.

 

Intanto a mano a mano che l’opera viene realizzata se ne scoprono i difetti. Per esempio le cerniere delle dighe mobili, garantite per 50 anni, in realtà hanno già punti di ruggine e se non si farà una manutenzione accurata potranno durare meno di 20 anni. I problemi finora scoperti portano a un sovraccosto di una cinquantina di milioni, l’1% di un’opera da 5,5 miliardi.

Insomma: il MOSE non è finito. Non si sa se mai finirà. Finora ci è costato una cifra esorbitante, ma non serve ancora a niente e Dio sa se funzionerà… Gli unici che coi hanno tratto un utile, sono i soliti noti. Tutti gli sciacalli che ci hanno girato e che ci girano intorno.

 

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Venezia dice addio al suo MOSE, sta affondando – La storia di un fallimento – Ma state sereni, il suo obiettivo primario lo ha raggiunto: far mangiare tutti gli sciacalli che ci giravano intorno!

Non solo inutile – Oltre a essere servito solo a distribuire mazzette e tangenti, il Mose potrebbe distruggere l’ecosistema lagunare di Venezia

 

 

29 aprile 2003: la posa della prima pietra per il MOSE. Oggi, dopo 5,5 miliardi buttati e storie di tangenti e mafia, non funziona e probabilmente non funzionerà MAI. Un fallimento – Ma state sereni, il suo obiettivo primario lo ha raggiunto: far mangiare gli sciacalli che ci giravano intorno!ultima modifica: 2019-04-28T11:32:09+02:00da eles-1966
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