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Pepe Mujica: I potenti del mondo hanno dichiarato guerra ai poveri
“La migrazione non è un problema italiano, ma del mondo. Però purtroppo non esiste un governo mondiale. Non c’è nessuno che si occupa del mondo intero. Ci si preoccupa solo di chi vince le elezioni. Abbiamo generato una civiltà che non governiamo più. Ci governa il mercato. Allora le decisioni sono cieche”.
“La migrazione non è un problema italiano, ma del mondo. Però purtroppo non esiste un governo mondiale. Non c’è nessuno che si occupa del mondo intero. Ci si preoccupa solo di chi vince le elezioni. Abbiamo generato una civiltà che non governiamo più. Ci governa il mercato. Allora le decisioni sono cieche”. José Alberto Mujica Cordano, per tutti “Pepe”, è cittadino onorario di Livorno. L’ex presidente dell’Uruguay ha ricevuto l’onorificenza dal sindaco M5S Filippo Nogarin per la sua capacità di affermare i principi della democrazia e dello sviluppo economico insieme all’attenzione verso i più deboli” e per il suo stile umile. Uno stile che lo ha fatto amare in patria e all’estero.
Mujica ha incontrato Roberto Saviano, il quale ha affermato che da lui “abbiamo imparato che non sono gli slogan a cambiare il percorso di un Paese, ma i fatti. Le sue parole sono diventate dibattito, scelta, concretezza, passo dopo passo, errore dopo errore. Dovrebbero essere qui i rappresentanti del governo italiano ad ascoltare Mujica. Lui ha rivoluzionato per sempre la comunicazione politica, che normalmente tende a promettere e comunica promettendo, perché la comunicazione nel promettere è vincente. Lui invece ha fatto il contrario: realizzava e poi comunicava”.
In un’intervista al Manifesto “Pepe” parla di Europa e di America Latina, di difficoltà finanziarie e di sviluppo economico. “I problemi dell’Europa riflettono le contraddizioni di questo sistema che colpisce i settori più deboli. C’è una crisi della domanda perché la gente continua a consumare una infinità di cose inutili, e al contempo una enorme fetta di mondo pieno di povertà che non abbiamo il coraggio di incorporare: il mondo ricco – spiega Mujica – non ha sufficiente generosità solidale per incorporarla nella civilizzazione. Sprechiamo un’infinità di preziose risorse perché il mondo ricco possa consumare cose inutili o frivole. E invece non diamo acqua, scuole, case ai più poveri. E anzi respingiamo i barconi che arrivano nel Mediterraneo, o magari pensiamo di affondarli, impediamo il passaggio dei migranti messicani alla frontiera nordamericana. Li invitiamo a partecipare a una civilizzazione che poi non gli dà il posto promesso. E’ come se ti dicessero: vedi quanto è bello? Ma non è per tutti…”.
Secondo l’ex Tupamaros, “dobbiamo imparare a muoverci per il governo della specie e non solo in base agli interessi dei paesi, dei singoli stati, con la consapevolezza che siamo responsabili di un pianeta, di una barchetta che sta andando alla deriva nell’universo”. C’è tuttavia “una rivoluzione possibile nella testa di ognuno per costruire una nuova umanità. Dobbiamo agire perché ognuno sia cosciente che il mercato ci toglie la libertà. Non cambiamo il mondo se non cambiamo noi stessi”.
Per quanto riguarda l’America Latina, Mujica dice che “sta cambiando un poco, ci vuole tempo. Dobbiamo sviluppare intelligenza nella gente, i ritorni indietro sono sempre possibili, l’interventismo esterno è sempre latente. Le basi militari Usa sono sempre attive in America latina. Obama è un presidente prigioniero, ostaggio del complesso militare-industriale. Non gli hanno permesso di fare niente. I nostri amici, negli Stati Uniti, purtroppo non si trovano nelle fabbriche, ma nelle università, è così dai tempi del Vietnam. Il meglio degli Stati Uniti si trova nel mondo intellettuale, il peggio nelle banche e sui banchi del Parlamento, ma non bisogna fare di ogni erba un fascio”.
L’Uruguay decise di accogliere alcuni prigionieri di Guantanamo, perché “solo chi è stato tanto tempo in carcere come noi può capire… Oggi invece si pensa di risolvere i problemi dell’umanità e i propri costruendo più carceri, chiedendo più carcere e più bombe. Noi, un piccolo paese, abbiamo indicato che si può prendere un’altra strada”. Negli Usa “’è gente in carcere da 34 anni senza mai aver versato una goccia di sangue, solo per aver rivendicato l’indipendenza del proprio paese come il portoricano Oscar Lopez. Ma agli Stati Uniti interessa di più la libertà di un altro Lopez”, dice parlando del golpista venezuelano.