Jonathan il meraviglioso, leggendario, indimenticabile gabbiano di Richard Bach compie 50 anni – la metafora di libertà che ha emozionato intere generazioni

 

Jonathan

 

 

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Jonathan il meraviglioso, leggendario, indimenticabile gabbiano di Richard Bach compie 50 anni – la metafora di libertà che ha emozionato intere generazioni

 

Il primo gennaio del 1970 usciva nelle librerie un libro destinato a diventare uno dei capolavori più amati di sempre: “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach. Questa favola spirituale scritta da un ex aviatore dell’Air Force è stata letta come una delle metafore più azzeccate della libertà: ma la storia del coraggioso gabbiano Jonathan significa molto di più. A cinquant’anni dalla sua pubblicazione, è doveroso rileggerla.

Esistono libri che, se letti al momento giusto, hanno il potere di trasformare la visione che abbiamo sempre avuto delle cose: “Il gabbiano Jonathan Livingston”, per intere generazioni, è stato uno di questi. La bellissima metafora del volo utilizzata da Richard Bach è diventata, proprio per questa sua capacità di parlare a chiunque in ogni luogo, un classico: questo romanzo è diventato in pochissimo tempo un best seller mondiale, e non grazie a colpi di scena sconvolgenti o ad avventure mirabolanti. Ma perché ha tentato di spiegare la cosa più difficile da dire: la libertà.

Il gabbiano Jonathan: alla ricerca della perfezione

I gabbiani, lo sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare, scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore. Ma il gabbiano Jonathan Livingston – che faccia tosta, eccolo là che ci riprova ancora, tende e torce le ali per aumentarne la superficie, vibra tutto nello sforzo e patapunf stalla di nuovo – no, non era un uccello come tanti.

Non lo è, perché ciò che per gli altri gabbiani è mezzo strumentale per la ricerca del cibo, per lui è qualcosa di più: il volo, per Jonathan, è arte. Il gabbiano si allena tutti i giorni per diventare impeccabile in avvitamenti e picchiate, e in acrobazie mai nemmeno sognate dagli altri uccelli del suo stormo. E, per amore del volo, Jonathan trasgredisce la stessa legge della natura che lo vorrebbe capace di usare le ali soltanto per sopravvivere, divenendo così un reietto agli occhi dell’intero Stormo Buonappetito.

Nessuno comprende la sua smania di volare al di sopra delle nuvole e poi gettarsi in picchiata quasi rasente l’acqua. Nessuno prova sulla propria pelle ciò che spinge Jonathan ad isolarsi sempre di più, e a tentare esperimenti contro la gravità. Il piccolo gabbiano arriva ad essere considerato folle dai suoi simili, e paga lo scotto più caro che ci possa essere per la diversità: la solitudine, e l’esilio. Ma in poco tempo, lontano da tutti, Jonathan imparerà a padroneggiare perfettamente tutte le tecniche di volo più spericolate, comprendendo a fondo le leggi del vento e dell’altezza.

Il romanzo di Bach non si conclude però con la felice conquista della sapienza: va oltre, e descrive il protagonista nel suo viaggio ultraterreno in una dimensione in cui finalmente trova i suoi simili, intenti a sperimentare livelli ancora più avanzati di spericolatezza, “oltre i limiti del qui e ora”. Ma l’avventura di Jonathan non si conclude nemmeno quando avrà compreso la verità più profonda celata dietro la sua ricerca spasmodica della perfezione: il gabbiano sceglie infatti di tornare dal suo Stormo, dove nel frattempo altri reietti iniziano a seguire il suo esempio. Sarà solo quando la sua individualistica voglia di oltrepassare i limiti imposti si trasformerà in un modo per trasmettere agli altri quella perfezione, che Jonathan aveva capito essere nient’altro che Amore, che la sua vera missione si compirà.

Il volo del gabbiano: non solo metafora di libertà

Al vero Gabbiano Jonathan che vive nel profondo di tutti noi.

Il volo, nel breve romanzo di Bach, è metafora di libertà. Ma la storia del gabbiano Jonathan esemplifica una dolorosa verità: imparare a volare non è mica cosa semplice e dunque, come potrebbe esserlo la libertà? Sacrificio, solitudine e possibilità di fallimento: il protagonista alato della storia comprende immediatamente che sono queste le strade attraverso cui dovrà passare per raggiungere la sua massima aspirazione, ovvero imparare a volare. Ed essere libero.

Successivamente, una volta imparato il volo, Jonathan scoprirà anche il significato racchiuso dietro quell’arte: perché considerarsi liberi non vuol dire semplicemente oltrepassare i propri limiti al punto da poter fare qualunque cosa. Libertà, ci insegna il romanzo di Bach, non è una vita vissuta senza responsabilità o obblighi verso se stessi o il prossimo: in questo, è un libro anche estremamente duro, doloroso, perché non nasconde il difficile cammino che si può aprire dinanzi nel momento in cui si trova il coraggio di prendere atto della propria condizione limitata e della voglia inarrestabile di cambiarla.

Alla fine del libro Jonathan comprende che la perfezione non è nient’altro che esserci, essere là e in quel momento: e quindi il volo non è più solo metafora della libertà, ma della vita stessa. Il coraggioso protagonista piumato del racconto non è solo emblema della giovinezza sconsiderata che punta a sfidare i propri limiti al di là delle convenzioni sociali, ma rappresenta qualcosa che, in diversi momenti della vita, torna a riproporsi e a tormentarci sempre. Ovvero il sentore che quel momento di libertà e perfezione non dura che un battito d’ali, un momento, forse il tempo di buttarsi in picchiata sulle cose della vita per conquistarsi quel boccone di sardine che ci aiuta a sopravvivere: il gabbiano Jonathan ci ha insegnato che quel momento non dura per sempre, perché è sempre il momento di imparare qualcos’altro.

Esistono libri che, se letti al momento giusto, hanno il potere di trasformare la visione che abbiamo sempre avuto delle cose e, in qualche modo, di cambiarci la vita. Quel “momento” non è detto che arrivi per tutti, o magari è necessario provare a cercarlo più volte prima di viverlo e, nel frattempo, quella storia resta in silenzio aspettando l’occasione di essere compresa. Un libro come “Il gabbiano Jonathan Livingston”, invece, non resta mai in silenzio: ha troppo da dire. Ed è sempre il momento giusto per leggerlo e rileggerlo.

Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.

 

Alcune curiosità

Era di primo mattino, e il sole appena sorto luccicava tremolando sulle scaglie del mare appena increspato.»
Comincia così, come una fiaba, “Il gabbiano Jonathan Livingston

Il protagonista
La storia ruota intorno alla vita di Jonathan Livingston, dai suoi primi esperimenti acrobatici fino al raggiungimento della perfezione. Jon, infatti, non è un gabbiano come tutti gli altri:
«La maggior parte dei gabbiani non si danno la pena di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta arrivare dalla costa a dov’è il cibo e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non conta, conta mangiare. A quel gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto volare. Più d’ogni altra cosa al mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.»

L’autore
Richard Bach è uno scrittore statunitense che nasce nel 1936. Basta dare un’occhiata alla sua carriera precedente per capire come mai il volo e i suoi derivati compaiano così tanto frequentemente nella sua opera. Infatti, prima di essere uno scrittore, Bach è stato pilota riservista nell’aeronautica militare degli Stati Uniti, ha collaborato alla redazione di manuali tecnici per la Douglas Aircraft Company e, infine, è stato pilota acrobatico. Ed è senza dubbio da questa passione che nascono i desideri di volare, e di volare davvero, del gabbiano Jonathan.

La quarta parte
Il romanzo è diviso in tre parti: nella prima si racconta della crescita di Jon, del suo rapporto difficile con lo Stormo a causa della propria immensa passione per il volo, fino al suo esilio. Nella parte centrale Jonathan viene a contatto con un gruppo di gabbiani liberi, grazie ai quali apprende tutte le sue potenzialità; infine, nella terza parte, Jonathan è ormai adulto, e si dedica all’insegnamento del volo ad altri suoi simili. Ma prima che il romanzo venisse pubblicato, esisteva una quarta sezione che Bach aveva deciso di non includere nella versione finale, perché non era stata completata. L’ispirazione gli è venuta nel 2012, quando Bach è stato ricoverato in ospedale per quattro mesi, dopo essere sopravvissuto a un incidente col proprio idrovolante. Nella quarta parte, Jonathan ritorna a portare un messaggio di speranza allo Stormo, che nonostante adorasse il gabbiano alla follia, faticava a trovare delle risposte sulla vita.

La metafora
Il romanzo è una grande metafora che può essere letta in vari modi. Il percorso del gabbiano che impara a volare attraverso il sacrificio, la determinazione e l’uso dell’intelletto altro non è che l’apprendimento dell’uomo della gioia di vivere e del significato dell’esistenza. Ma non solo: nel corso del tempo sono state date diverse chiavi di lettura, dal cattolicesimo al pensiero positivo, passando per la New Age. Forse, una delle interpretazioni più attuali è la smentita di tutte quelle posizioni che scoraggiano i giovani sognatori. Citando il romanzo: «Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria e il modo di procurartela! ‘Sta faccenda del volo è bella e buona, ma mica puoi sfamarti con una planata, dico bene? Non scordarti, figliolo, che si vola per mangiare.» Una provocazione, quella del padre del gabbiano, che sarà fortunatamente smentita nel corso del romanzo.

La vera storia
Interpretazioni a parte, fu Richard Bach stesso a dichiarare che il romanzo è ispirato a un pilota acrobatico che ha segnato la storia dell’aviazione mondiale durante il periodo della Grande Depressione americana: John H. Livingston, che negli Anni Trenta era considerato imbattibile. Il pilota morì nel 1974, stroncato da un attacco di cuore dopo aver testato un aereo – probabilmente senza sapere che la metafora della sua vita avrebbe fatto il giro del mondo.

Le ultime parole di Jonathan
«Gli occhi vedono solo ciò che è limitato. Guarda col tuo intelletto, e scopri quello che conosci già, allora imparerai come si vola.» L’ultima frase di Jonathan riporta subito alla mente un altro celebre romanzo, Il Piccolo Principe, anch’esso scritto da un aviatore: «Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.»
«Fa’ che non si spargano sciocche dicerie sul mio conto. E fa’ anche che non mi trasformino in un dio. Intesi, Fletch? Sono solo un gabbiano. E mi piace volare…»
Non sappiamo se Jonathan Livingston sarebbe contento dell’opinione che oggi ha il mondo di lui. Forse sì, o forse la troverebbe esagerata. Noi lo vogliamo immaginare così: solo un gabbiano a cui piace volare.

 

fonti varie dal web

Jonathan il meraviglioso, leggendario, indimenticabile gabbiano di Richard Bach compie 50 anni – la metafora di libertà che ha emozionato intere generazioniultima modifica: 2020-01-24T23:18:33+01:00da eles-1966
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