Clima e vite umane: il caro prezzo del carbone – Uno studio del CNR quantifica l’impatto del carbone sulla salute e i risultati sono sconcertanti: la mortalità vicino alle centrali sale del 49%

 

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Clima e vite umane: il caro prezzo del carbone – Uno studio del CNR quantifica l’impatto del carbone sulla salute e i risultati sono sconcertanti: la mortalità vicino alle centrali sale del 49%

Clima e vite umane: il caro prezzo del carbone

Uno studio del CNR quantifica per la prima volta l’impatto del carbone sulla salute: la mortalità vicino alle centrali sale del 49%

Vivere accanto a una centrale a carbone può portare a un aumento impressionante di mortalità per malattie cardiovascolari, respiratorie e tumori al polmone. La conferma arriva, per la prima volta, dallo studio «Mortality and hospitalization associated to emissions of a coal power plant», pubblicato su Science of the Total Environment.  «Il rischio sanitario è così elevato che, prima usciamo dal carbone, meglio è. La decarbonizzazione è necessaria, non solo per salvare il clima, ma anche vite umane». L’appello di Fabrizio Bianchi, responsabile dell’unità di ricerca dell’IFC- CNR di Pisa e co-autore dell’’indagine epidemiologica, è perentorio.

Un’indagine su 144mila cittadini

Lo studio dell’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa, ha elaborato i dati di mortalità e ricovero di 144mila cittadini che, dal 2001 al 2013, hanno vissuto intorno all’area della centrale a carbone di Vado Ligure. L’impianto ha operato dal 1970 fino a cinque anni or sono, quando la Procura della Repubblica di Savona fece fermare gli impianti per «disastro ambientale doloso». Il processo è tuttora in corso.

«Oltre alle note emissioni di anidride carbonica (CO2), che contribuiscono al riscaldamento globale, ci sono quelle di biossido di zolfo (SO2) e del particolato, che sono associate a effetti dannosi per la salute. I risultati confermano le conoscenze pregresse, ma è la prima volta che viene effettuata una quantificazione del rischio, purtroppo molto alto».

+49% di mortalità per malattie respiratorie e cardiocircolatorie

I dati epidemiologici, associati alle mappe di dispersione degli inquinanti elaborate da Arpal, confermano che, sui 144mila cittadini residenti nei 12 comuni, intorno alla centrale di Vado Ligure, c’è stato un aumento di mortalità del 49%. Nello specifico, per malattie del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%). «Questo modello di studio può essere preso a standard per le altre aree italiane e europee, interessate dall’esistenza di una centrale a carbone- ribadisce a Valori il dirigente dell’IFC-CNR.

In Italia 9 centrali ancora attive, in Europa 291

In Italia, dopo la chiusura di Vado Ligure e Genova, sono tuttora attive 9 centrali a carbone, su un totale di 291 impianti funzionanti in tutta Europa. Sparse tra Lombardia, Liguria, Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Lazio, Umbria, Puglia e Sardegna di proprietà Enel, A2a ed Ep Produzione. Da sole, secondo i dati dell’osservatorio civico Europe Beyond Coal hanno prodotto nel 2015, il 9% delle emissioni totali di anidride carbonica del nostro paese. Pari a 39,5 milioni di tonnellate di CO2. Insieme all’immissione in atmosfera di quintali di inquinanti come il biossido di azoto (NO2) e di zolfo (SO2) e la produzione di ceneri e fanghi.

Gli studi epidemiologici su Brindisi

Proprio intorno alle due centrali, sono state realizzate, negli ultimi sei anni, diverse indagini epidemiologiche, alla base di un braccio di ferro tra le popolazioni residenti, epidemiologi pubblici e Enel, che ha più volte minimizzato e contestato gli studi. Così è successo nel 2015, con lo studio del CNR di Lecce e Bologna, che aveva calcolato «fino a 44 decessi l’anno attribuibili, nella zona di Brindisi, Taranto e Lecce dagli inquinanti emessi dalla Centrale Enel termoelettrica a carbone di Cerano». Studio che Enel aveva definito «fuorviante.

Nel 2017, un secondo studio epidemiologico sull’area di Brindisi, su cui insiste anche l’area del petrolchimico Eni Versalis, ha confermato il quadro precedente. «L’esame dei ricoveri ospedalieri in rapporto con le esposizioni ambientali stimate per ogni anno dello studio mostra un’associazione tra inquinanti e malattie cardiovascolari, respiratorie (centrali elettriche) e le malformazioni congenite (petrolchimico)». Nelle conclusioni, si sottolinea che la riduzione dei livelli di esposizione «non può cancellare gli effetti sanitari dovuti al pregresso».

Decarbonizzare: una questione di giustizia ambientale

«Bisogna spostare con urgenza l’attenzione sulle valutazioni preventive, anziché contare i danni sanitari che si sono già verificati» ribadisce Fabrizio Bianchi. «Oggi siamo in grado di fornire dati precisi sulla ricaduta degli inquinanti e del loro impatto sulle nostre vite» conclude il dirigente dell’IFC-CNR di Pisa. «Non dobbiamo guardare al passato ma fornire studi per un futuro sostenibile. Sia nell’ottica della decarbonizzazione che del cambiamento climatico. È una questione di giustizia ambientale».

 

 

tratto da: https://valori.it/clima-mortalita-caro-prezzo-carbone/

 

Clima e vite umane: il caro prezzo del carbone – Uno studio del CNR quantifica l’impatto del carbone sulla salute e i risultati sono sconcertanti: la mortalità vicino alle centrali sale del 49%ultima modifica: 2020-01-19T21:34:04+01:00da eles-1966
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