16 gennaio 1969 – il sacrificio di Jan Palach, martire per la libertà

 

Jan Palach

 

 

 

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16 gennaio 1969 – il sacrificio di Jan Palach, martire per la libertà

 

5 gennaio 1968. Con l’elezione di Alexander Dubcek  a segretario del Partito Comunista cecoslovacco ha inizio quella che è passata alla storia come “Primavera di Praga” (celebrata tra gli altri anche dalla canzone di Francesco Guccini, del 1970).

Dubcek si impegnò ad avviare un vasto programma di riforme, incontrando però  la dura reazione dell’Unione Sovietica. In agosto, le truppe del patto di Varsavia entrarono a Praga. Dubcek fu costretto a lasciare la segreteria del partito comunista.

Dopo l’invasione, il Paese entrò in un periodo di normalizzazione: i leader successivi tentarono di ripristinare i valori politici ed economici che avevano prevalso prima di Dubček.

Gustav Husak, che lo sostituì, diventando anche presidente, annullò quasi tutte le riforme.

Per il Partito comunista italiano i fatti di Praga, che riecheggiavano quelli del 1956 in Ungheria, rappresentarono un secondo trauma.

In questo contesto si interseca la storia e il martirio di Jan Palach, studente di filosofia all’Università di Praga

Il 16 gennaio 1969 moriva Jan Palach dandosi fuoco in Piazza San Venceslao per protestare contro l’occupazione da parte delle forze del Patto di Varsavia.

Un tranviere fu il testimone più meticoloso, si stupì nel vedere che si inzuppava gli abiti con il contenuto di una lattina bianca: appena si accorse che aveva acceso con gesto rapido un fiammifero fu abbagliato da una vampata.

L’urlo di dolore e il corpo in preda alle fiamme che si contorceva paralizzarono la folla, il primo a muoversi fu il bravo tranviere che aveva seguito fin dall’inizio le strane, veloci mosse di Jan: si tolse il cappotto e lo gettò sul giovane per spegnere le fiamme.

L’udì gridare: “La lettera, salvi la lettera”. E non capì quel che volesse dire. Ci volle un po’ di tempo prima di capire che Jan Palach si era sacrificato “per scuotere la coscienza del popolo”, per spezzare il clima di rassegnazione che imprigionava la gente in una resistenza puramente morale, intima, destinata a riassorbirsi col tempo, con la routine quotidiana e i suoi inevitabili compromessi.

Sul suo quaderno scrisse quello che può essere definito, a tutti gli effetti, il suo testamento politico.

”Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa.

Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zparvy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche).

Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà“.

Il gesto di Jan Palach non rimase isolato: almeno altri sette studenti, tra cui il suo amico Jan Zajíc, nel totale silenzio degli organi di informazione.

Da tutto il paese 600.000 persone parteciparono al funerale di Palach.

 

 

 

16 gennaio 1969 – il sacrificio di Jan Palach, martire per la libertàultima modifica: 2020-01-15T20:39:43+01:00da eles-1966
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