Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani… – Tra il 27 ed il 30 settembre 1943 le Quattro giornate di Napoli – Napoli fu la prima grande città europea a cacciare i nazisti tedeschi…

 

Quattro giornate di Napoli

 

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Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani… – Tra il 27 ed il 30 settembre 1943 le Quattro giornate di Napoli – Napoli fu la prima grande città europea a cacciare i nazisti tedeschi…

 

Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto ed alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata in un’impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle “Quattro Giornate” di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria. – Napoli, 27-30 settembre 1943, Medaglia d’Oro al valor militare.

Gennarino Capuozzo:

Era il 28 settembre 1943 quando Gennarino Capuozzo un ragazzo napoletano di 11 anni, come ogni mattina, uscì di casa per andare a lavoro, proprio allora vide un gruppo di ragazzi più grandi di lui: erano scappati dal carcere minorile e avevano deciso di combattere i tedeschi.

La notizia che un gruppo di ragazzini stava mettendo a dura prova le truppe naziste si diffuse ben presto nella città. I napoletani che imbracciavano il fucile divennero in poche ore sempre più numerosi. Nel quartiere Materdei, una pattuglia tedesca fu tenuta per ore sotto assedio.

Il 29 settembre Gennarino andò in via Santa Teresa dove decine di napoletani avevano alzate le barricate, con i mobili che la popolazione aveva buttato giù da finestre e balconi, per respingere i tedeschi.

Prese il mitragliere di un soldato morto, si riempì le tasche con le bombe a mano e corse impavido verso un carro armato tedesco . “Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani“, urlò. “Vedrete chi è Gennarino Capuozzo”. Ma mentre stava togliendo dalla bomba la sicura, una granata del nemico lo centrò in pieno.

A Concetta Capuozzo, la mamma di Gennarino, fu assegnata una medaglia d’oro al valor militare alle memoria di quel piccolo, grande eroe: “Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo”, come era scritto nella motivazione del riconoscimento.

Il ricordo di un testimone, una nonna:

Quel giorno (era il 23 settembre del ’43), per strada, c’era una grande confusione. Stavo tornando a casa, quando vidi una camionetta con dei giovani a bordo che volevano ci ribellassimo ai Tedeschi. Urlavano. Qualcuno parlava già di morti ammazzati, ma io non ne sapevo niente. Avevo diciotto anni e una bambina di poco più di dodici mesi. Mi spaventai e allora iniziai a correre lungo il vicolo, quella maledetta salita, e affannando avvisai tutti: “Le Quattro Giornate! Le Quattro Giornate!”.

Ebbene sì, mia nonna lo sapeva. Sapeva già che sarebbero bastate novantasei ore e che quei giorni sarebbero passati alla storia con tale dicitura: le Quattro Giornate di Napoli. Ogni volta che glielo abbiamo fatto notare o che le abbiamo detto che il suo racconto risultava alquanto inverosimile, però, si è sentita offesa. Era andata esattamente così: Mergellina l’aveva avvisata lei in anticipo, nella sua corsa allarmata e stancante verso casa. La convinzione con cui negli anni lo ha sempre sostenuto, qualche dubbio, a noi scettici, lo ha fatto venire comunque.

La guerra aveva bussato presto alle porte di ogni casa napoletana, o almeno di quelle che resistevano ancora. Aveva bussato anche a quelle della mia famiglia, portando via uno zio – cognato di mia nonna –, scampato al forno crematorio e alle fatiche di un campo di concentramento per pura fortuna, ritrovato poi alla stazione Garibaldi dopo anni di vagabondaggio e follia. Quell’insensato conflitto stava distruggendo famiglie, strappando giovani in forze alle loro madri già private dei propri mariti forse vivi al fronte, spargeva miseria. Quelle urla di ribellione, quindi, rappresentavano per chiunque fosse in territorio partenopeo il punto di svolta, l’occasione per venirne fuori una volta e per tutte. Fuori dai violenti conflitti, dalle bombe – prima tedesche poi americane – che cadevano incessanti dalle quattro e venti del mattino del primo novembre del 1940, fuori da quella fame che faceva mangiare di tutto, persino le bucce delle patate o dei piselli. Fuori dalla paura di un allarme improvviso e dalla fuga di salvezza nei ricoveri improvvisati o sotto l’attuale tunnel della Cumana di Montesanto. Lì, dove c’era una statua della Madonnina, ancora oggi visibile dal treno, a cui in tanti hanno affidato le loro preghiere. Fuori dal ricordo di una città che non era più la stessa da quando la pazzia nazista l’aveva travolta per poi lasciarla andare nelle mani dell’ipocrisia alleata. Fuori da una fine prematura.

Partenope, che Hitler avrebbe voluto ridurre in fango e cenere, stava dicendo mo’ bastail popolo aveva fatto la sua sceltapronto, nella sua impreparazione e, spesso, improvvisazione, a cambiare le sorti sue e di un’intera nazione che di oppressione e sofferenza non ne poteva più. Con coraggio ed esasperazione la città si stava rivoltando all’invasore tedesco, ignorando tuttavia che, di lì a poco, un nuovo nemico avrebbe fatto trionfale il suo ingresso, travestito da alleato.

Napoli sepolta nella guerra non aveva avuto un suo poeta né un suo reporter, perché per tutti era stato troppo difficile e sorprendente il sopravvivere all’arida tragedia di quegli anni per poterla subito fissare e prolungare in una memoria, in un diario. – Nello Ajello

Di quei quattro giorni emblematici – di cui si ricordano centocinquantadue combattenti caduti, centoquaranta caduti civili, centosessantadue feriti e numerosi ignoti morti in battaglia – negli anni si è detto tanto o, forse, troppo poco. Per alcuni si è trattato di falso storico, per altri dell’esasperazione di una rivolta popolare organizzata probabilmente da appena duecento insorti, per pochi di uno scatto d’ira della popolazione certamente non mossa da sentimenti antifascisti. Come di molti eventi riguardanti la città di Napoli o, peggio, la Resistenza, i tentativi di mistificazione o di revisionismo sono stati molteplici. Oggi, poi, che i venti ritornano a soffiare verso destra, cancellare la memoria di episodi che hanno visto la cittadinanza e il Sud tutto ribellarsi sembra diventata una priorità. Con i superstiti di quelle battaglie che sono sempre meno, le storie che da bambini, a volte, abbiamo avuto noia di ascoltare acquisiscono un valore di gran lunga superiore. Tenere viva la testimonianza di quei nonni che per molti, come me, non ci sono più è un modo per sentirli accanto ma, soprattutto, di non lasciare che il sacrificio di coloro che all’epoca erano solo ragazzini, scugnizzi, venga strumentalizzato e offeso.

Le bombe che, numerose, sono piovute dal cielo napoletano, rendendo il capoluogo campano la città più colpita d’Italia, quella doppia occupazione, l’illusione di una libertà trasformatasi ben presto in altra violenza, in altra fame, in mercato nero, in prostituzione, ancora oggi risuonano forte tra le strade dell’antica Neapolis che, come una donna tradita, sotto il velo di trucco nasconde la ferita ma non dimentica. I segni della guerra le hanno cambiato il volto, ma non lo spirito. Qualcuno urla ancora: le Quattro Giornate! Le Quattro Giornate!. 

 

Adesso vi facciamo vedere noi chi sono i napoletani… – Tra il 27 ed il 30 settembre 1943 le Quattro giornate di Napoli – Napoli fu la prima grande città europea a cacciare i nazisti tedeschi…ultima modifica: 2019-09-26T22:49:11+02:00da eles-1966
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