22 giugno 1983, Emanuela Orlandi – L’enigma della ragazza con la fascetta sparita nel nulla. Quella strana lettera di Calvi al Papa 12 giorni prima di essere ammazzato e le storie di strutture segrete anticomuniste finanziate da Ior, massoneria e malavita organizzata.

 

Emanuela Orlandi

 

 

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22 giugno 1983, Emanuela Orlandi – L’enigma della ragazza con la fascetta sparita nel nulla. Quella strana lettera di Calvi al Papa 12 giorni prima di essere ammazzato e le storie di strutture segrete anticomuniste finanziate da Ior, massoneria e malavita organizzata.

 

Pietro Orlandi: “Vi racconto cosa c’è dietro la scomparsa di mia sorella Emanuela”

“Mia sorella aveva una sola colpa, quella di essere cittadina vaticana” è l’amara verità di Pietro Orlandi fratello di Emanuela.

L’ex impiegato dello Ior ed ex cittadino vaticano in lotta da ben oltre tre decenni nella ricerca di sua sorella, racconta in prima persona la storia di quella che sembrava una semplice bravata adolescenziale e invece si è rivelata l’informe pezzo di un puzzle dalle dimensioni sconosciute.

Emanuela e Pietro sono i figli di Ercole Orlandi, messo pontificio e uomo di fiducia di papa Wojtyla, eletto al soglio da appena due anni. “La mia è una delle pochissime famiglie che viveva all’interno di quelle mura. Era come un piccolo paese e il Papa era come il sindaco di questo paese, ci sentivamo protetti” dice Pietro.

La parabola parte nel 1983 quando Emanuela, terza di quattro figli, ha quindici anni e studia musica alla scuola Ludovico Da Victoria, in piazza Sant’Apollinare, a Roma.

Il 22 giugno di quell’anno, dopo una lezione di flauto traverso si ‘volatilizza’ per sempre.

Sedicenti sequestratori si fanno vivi con un ultimatum: la vita di Emanuela in cambio alla liberazione di Alì Agca l’uomo che sparò al Papà in piazza San Pietro. Però non sono in grado di dimostrare la sua esistenza in vita, anche se vorrebbero farlo facendo ascoltare un nastro registrato che dice: “Dovrei fare il terzo liceo st’altr’anno”. La voce non è contraffatta, è quella di Emanuela, quella del sequestratore sì: il finto accento anglosassone gli guadagna il nome de ‘L’americano’. Segue un nastro, fatto pervenire all’Ansa, con la voce e i lamenti di una donna. “In alcuni punti mi sembra di riconoscere la voce di Emanuela” dice Pietro, ma anche quello è un documento controverso.

Il contesto – Paul Marcinunkus è alla guida dello Ior, la banca vaticana in affari con l’Ambrosiano di Roberto Calvi, ‘il banchiere di Dio’. L’avvento del papa polacco ha dato una randellata alla politica mondiale – “Il muro di Berlino inizia a cadere dalla elezione di Giovanni Paolo II”-  dice il magistrato Ilario Martella, giudice istruttore delle indagini Orlandi e di quelle sull’attentato a Giovanni Paolo II. Wojtyla è l’alfiere dell’anticomunismo inviso a tutto il blocco sovietico, tanto da finire nel mirino di Agca.

Fin qui tutto chiaro, ma che c’entra Emanuela? Niente!

La cosa sconcertante è proprio questa: Emanuela è stata rapita ‘in quanto’ cittadina vaticana, una vittima a caso per un atto di forza, ché così chi deve capire, capisce. Infatti. Per la seconda volta nella storia del pontificato (la prima fu il sequestro Moro), un papa interviene da piazza San Pietro per mandare un messaggio ai sequestratori. Ha capito, lui, mentre noi siamo ancora a zero, di Emanuela non abbiamo capito nulla, ma non è detto che sia tardi. Da qualche parte in Vaticano, dietro una porta, secondo Pietro, ci sono le risposte.

Solo che bussare non basta più.

Emanuela Orlandi e quella strana lettera di Roberto Calvi a Papa Giovanni Paolo II scritta 12 giorni prima di essere ammazzato. E dietro storie di strutture segrete anticomuniste finanziate dallo Ior, massoneria e malavita organizzata.

La lettera che Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, morto (assassinato) a Londra nel 1982, scrisse all’allora Papa Giovanni Paolo II, getta un’ombra sull’operato del Vaticano negli anni della guerra fredda. Infatti, sembrerebbe da quello che si legge nella lettera, che molti soldi dello IOR (molti provenienti dalla Mafia e dalla Banda della Magliana) siano stati usati per finaziare movimenti e gruppi “anti-siovetici” in Sud America e nell’Europa dell’Est per accelerare quel processo che ha portato alla caduta del muro di Berlino nel 1989. Questo portò alla crisi dell’Ambrosiano e al malcontento di molti personaggi di dubbia morale, che hanno visto i propri soldi svanire. Personaggi, si suppone, che per riavere indietro in soldi, non si sarebbero fatti problemi a sequestrare una ragazzina, come potrebbe essere il caso di Emanuela Orlandi, per donarla a qualche alto prelato e usare l’accaduto inseguito come ricatto. I soldi della mafia (e non solo), una volta entrati nelle casse del Vaticano da quanto si suppone, sarebbero stati usati dal Papa o dai suoi rappresentanti, per la “causa polacca”, ma il fine può giustificare i mezzi?

Il banchiere Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, caduto in disgrazia, voleva salvarsi la vita e riacquistare il potere  perso attraverso azioni ricattatorie basate sui documenti in essa contenuti. Calvi decise quindi il 5 giugno 1982 (12 giorni prima di essere impiccato) di scrivere direttamente al Papa – Giovanni Paolo II – affinchè intervenga sul cardinal Marcinkus e sullo Ior, la Banca del Vaticano, azionista del Banco Ambrosiano.

Eccone qui uno stralcio significativo:

“Santità, ho pensato molto, molto in questi giorni e ho capito che c’è una sola speranza per cercare di salvare la spaventosa situazione che mi vede coinvolto con lo Ior in una serie di tragiche vicende che vanno sempre più deteriorandosi e che finirebbero per travolgerci irreversibilmente.
Ho pensato molto, Santità, e ho concluso che Lei è l’ultima speranza. Da molti mesi ormai, mi vado dibattendo a destra e a manca, alla disperata ricerca di trovare chi responsabilmente possa rendersi conto della gravità di quanto accaduto e di quanto più gravemente accadrà se non intervengono efficacy e tempestivi provvedimenti essenziali per respingere gli attacchi concentrici che hanno come principale bersaglio la Chiesa e, conseguentemente, la mia persona e il gruppo a me facente capo.
La politica dello struzzo, l’assurda negligenza, l’ostinata intransigenza e non pochi altri atteggiamenti di alcuni responsabili del Vaticano mi danno la certezza che Sua Santità sia poco o male informata di tutto quanto ha per lunghi anni caratterizzato i rapporti intercorsi tra me, il mio gruppo e il Vaticano.

Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonchè delle colpe commessi dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona, di cui ancora ne subisco le conseguenze (Calvi fu ricattato da Sindona, ndr); sono stato io che, su preciso incarico di Suoi autorevole rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest; sono stato io che, di concerto con le autorità vaticane, ho coordinato in tutto il Centro-Sud America la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarkiste; e sono stato io, infine, che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il Massimo rispetto e obbedienza”. 

Insomma, Calvi fa una chiamata di correità nei confronti dello Ior, azionista invasive che ha volute che Calvi aiutasse la politica del Papa contro il comunismo, sia in Europa che in Centro America. Le distrazioni di fondi dal Banco saranno scoperte dai liquidatori in svariati miliardi di lire.

 

22 giugno 1983, Emanuela Orlandi – L’enigma della ragazza con la fascetta sparita nel nulla. Quella strana lettera di Calvi al Papa 12 giorni prima di essere ammazzato e le storie di strutture segrete anticomuniste finanziate da Ior, massoneria e malavita organizzata.ultima modifica: 2019-06-21T20:05:05+02:00da eles-1966
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