ECCHECCRACCO!

Cracco

 

 

 

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ECCHECCRACCO!

 

Da Napoletano non sono indignato più di tanto per la pizza di Cracco.

Con molta lucidità penso che si possa risolvere il problema impalando il pluristellato sulla pubblica piazza, lasciandolo morire tra atroci sofferenze. Bruciarne i resti mortali nel forno di Di Matteo e disperdere ceneri nel cratere del Vesuvio.

Quindi radere al suolo il suo ristorante. Sottoporre i dipendenti a Tso e testare su di loro sparaflasha tipo Men in Black.

Ancora, cancellare da tutti i libri e le riviste il nome Cracco e renderlo illegale e vietato. La gente dovrà esserne terrorizzata fino a temere anche solo di pronunciarne il nome, tipo Lord Voldemort.

Per ultimo, ritengo plausibile modificare la Costituzione in modo da sancire, una volta per tutte, che l’Italia oltre ad essere antifascista, ripudia porcherie tipo craccopizza.

Non è neanche da esclude l’istituzione del reato di apologia di porcheria…

Vedete? È semplice. Problema risolto!

By Eles

 

 

ECCHECCRACCO!

Non bastava quella precotta, quella surgelata, quella con il ketchup o con la marmellata. Quella avvilita da accostamenti innaturali, offesa da orripilanti farciture, inventate da barbari stranieri dalle papille deviate, o spente e disperate, annegate nel mare di Posillipo o bruciate nel forno a legna del disgusto.

 

Ci si è messo pure lo stellato Cracco, quello che si muove con la moviola incorporata, che parla come una specie di robot e che nel suo spot, in versione Cuccarini, dice “semplicemente Carlo…finalmente a casa”.

Al severo giudice che condanna e terrorizza gli aspiranti chef, che infierisce con sadismo agroalimentare sulle sue vittime a Master Chef – manco fosse un premio Nobel del cibo che si fa arte surreale, fra lo stupore che stupisce, tra filetti, salse e note di colore, fra croccantezza e acida pittura – hanno da poco tolto una stella, quelli della Michelin.

E qualcuno, facendo riferimento a tale declassamento, aggiunge: “Dopo aver fatto la sua pizza gli hanno tolto non solo altre stelle, ma pure la cittadinanza italiana”.

 

Si, perché la rivisitazione della pizza, firmata da Carlo Cracco, nel suo Bistrot, in Galleria a Milano, ha fatto arrabbiare i napoletani, ma anche quasi tutti gli italiani.

Ha scatenato una polemica feroce e divisiva, fra il disappunto dei puristi che parlano di oltraggio a uno dei cibi simbolo, più nobili e amati d’Italia, e la replica dei suoi sostenitori, che lo difendono, seguendo il suo verbo, il “libero arbitrio in cucina”.

Ci mancava proprio la filosofia ontologica dell’essere e della conoscenza, coniugata con i sofisti del gusto e del fornello.

Secondo Scatti di Gusto, una dei portali più seguiti dagli appassionati di cucina, la pizza Margherita di Cracco, “non è una pizza napoletana, ma nemmeno italiana e tantomeno da degustazione. E non c’entra nulla la generica dizione gourmet che ogni tanto qualcuno appiccica a caso”.

 

La versione rilanciata dal sacrilego fenomeno prevede, infatti, un impasto diverso, con farina integrale e un’aggiunta di cereali combinati tra loro, per renderlo croccante, e una salsa più densa rispetto all’originale, simile al sugo del ragù, con l’aggiunta di pomodorini confit e fette di mozzarella di bufala a crudo, come tocco finale.

E’ proprio quel disco scuro e biscottato che ha più scioccato i cultori della pizza e della tradizione: è bastata la sola diffusione della foto per scatenare gli attacchi al famoso chef e la rivoluzione del sammarzano.

E sul web si replica con l’ironia.

“Non bastava l’aglio nella Matriciana…Ogni volta che Cracco sforna una pizza così, un napoletano si suicida! …Già nella foto sembra tutto, tranne che invitante: la vera pizza napoletana la cominci a mangiare già con gli occhi, quella craccata e una cosa triste e rivoltante…Andiamo a consegnare otto stelle Michelin all’egiziano sotto casa”.

 

A indispettire non è stato nemmeno tanto il prezzo di 16 euro, ma l’orgoglio ferito della cucina napoletana: il dissacratore, superbo e presuntuoso, ha osato profanare uno dei piatti più tipici del Vesuvio, ovvero la verace Margherita dop o doc, che dir si voglia.

 

Siamo dunque all’eresia.

Soprattutto a pochi mesi dal riconoscimento dell’arte della pizza, certificata dall’Unesco come patrimonio dell’umanità: una delle più alte espressioni identitarie della cultura partenopea, quale segno di creatività e gusto in tutto il mondo.

(Alfredo Laurano – fonte QUI)

 

ECCHECCRACCO!ultima modifica: 2018-03-18T11:50:08+01:00da eles-1966
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