Il Prof. Franco Berrino: il cibo è la «grande via» per la salute.

 

Franco Berrino

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Il Prof. Franco Berrino: il cibo è la «grande via» per la salute.

Intervista a Franco Berrino, medico ed epidemiologo, co-autore della Grande via, un libro che racconta come l’alimentazione possa giocare un ruolo chiave per una vita lunga, sana e felice.

In tutto il mondo le istituzioni scientifiche e sanitarie sono purtroppo chiamate a rispondere a leggi di mercato che hanno interesse a mantenerci in vita ma non in salute». Fa impressione leggere il risvolto di copertina del volume «La grande via», recentemente pubblicato da Mondadori. Perché le parole non sono di ingenui complottisti, ma di due scienziati, co-autori del volume. Ovvero Franco Berrino, medico, epidemiologo, già direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano e Luigi Fontana, medico e scienziato di fama internazionale, professore ordinario di Medicina e di Scienze nutrizionali presso l’Università di Brescia e la Washington University di Saint Louis dove co-dirige un programma di longevità e salute.

Quale dieta dobbiamo adottare per stare in salute?
«Il gruppo di lavoro dell’Oms che ha redatto il Codice europeo per la prevenzione del cancro ha dato una serie di raccomandazioni. E poi, andando a vedere negli studi, con centinaia di migliaia di persone che hanno risposto a questionari alimentari e che sono proseguiti nel tempo per vedere chi si ammalava e chi no, si è visto che queste raccomandazioni non sono associate solo a una minore probabilità di cancro, ma anche a una minore mortalità per malattie di cuore, apparato respiratorio, digerente, diabete».

E cosa dice il Codice europeo contro il cancro? 
«Raccomanda di basare l’alimentazione quotidiana sui cereali integrali, sui legumi, verdure, frutta, compresa quella oleaginosa (noci, mandorle eccetera). Raccomanda di evitare le bevande zuccherate, le carni lavorate ovvero i salumi, di limitare le carni rosse, i cibi industriali ricchi di grassi e zuccheri (le classiche merendine). E andarci piano con le bevande alcoliche. Raccomanda poi di mantenersi snelli e fare attività fisica tutti i giorni».

Uno dei suoi cavalli di battaglia è contro le farine raffinate: perché fanno così male?
«Più vengono raffiniate e più si perdono le sostanze protettive contenute. Quelle raffinate non hanno più né la crusca né il germe. La crusca è importante per il funzionamento dell’intestino. E il germe è importante perché ci dà le vitamine, le sostanze antiossidanti. Le farine raffinate hanno poi un indice glicemico molto alto, fanno alzare rapidamente la glicemia. E questo porta a una serie di conseguenze negative».

L’American Heart Association raccomanda non più di 25 grammi di zucchero aggiunto al giorno: perché lo zucchero fa così male?
«Raccomanda anche di non fare assaggiare lo zucchero nei primi due anni di vita. Il saccarosio è fatto di glucosio e fruttosio. Ed è soprattutto quest’ultimo che fa male. Ostacola il funzionamento dell’insulina. E pertanto sale nel sangue e insieme i fattori di crescita (IGF-1) .E questo ha una serie di conseguenze negative sul lato cancro e sul cuore. E probabilmente anche sul lato malattie neurodegenerative. Lo zucchero è una sorta di droga, dà assuefazione. Dobbiamo limitarci a quello che ci offre la natura: anche nella frutta c’è il fruttosio, ma anche il suo contravveleno, migliaia di sostanze vitamina C, polifenoli, antiossidanti».

Perché vanno privilegiate le farine di grani antichi rispetto a quelli moderni, come si legge nel volume?
«Il grano è stato cambiato molto negli ultimi decenni. Da un lato per aumentare la redditività ma anche la forza perché è più facile da gestire con le macchine per fare pasta e pane. Però il glutine dei grani moderni è meno facilmente digeribile. C’è un fortissimo sospetto che sia uno dei fattori principali dell’aumento della celiachia. Il glutine dei grani più antichi, quello più antico di tutti è il farro monococco, è perfettamente digeribile».

Quindi è bene che ci sia questa ripresa di produzione di grani antichi in Italia?
«Certo, è assolutamente positivo. Timilia, Russello, Saragolla, ma anche grani teneri come il Verna. Sul campo producono un po’ meno, ma il grosso vantaggio è che non hanno bisogno di fitofarmaci, fertilizzanti. Sono molto più alti: sono stato in un campo di Senatore Cappelli e le spighe erano più alte di me. Questo però fa sì che le erbe infestanti più difficilmente le danneggiano. Ci sono vantaggi da più punti di vista».

Il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro invita a mangiare legumi tutti i giorni: perché va limitata la carne a favore dei legumi? Anche quella bianca?
«Il problema è soprattutto la carne rossa, l’esagerazione del suo consumo. Io personalmente raccomando di andarci piano anche con quella bianca, perché anche questa favorisce l’infiammazione».

«Andarci piano» come si traduce? Quante volte a settimana?
«Io direi, che tipo di carne bianca? Se guardassimo cosa danno da mangiare ai polli di allevamento, la carne bianca non la mangeremmo più».

Dottore, ma che cosa possiamo mangiare, alla fine?
«Alla fine mangiamo pasta e fagioli come hanno sempre fatto i nostri nonni, la pasta con le fave, con i ceci. I legumi hanno come vantaggio la fibra. E una proprietà meravigliosa: rallentano la velocità dell’assorbimento degli zuccheri. Sono poi proteine ricche. Ma non hanno il difetto delle carni di aumentare lo stato dell’infiammazione cronico».

I legumi vanno mangiati sempre con i carboidrati, in quanto mancanti di alcuni amminoacidi?
«Sì, in alcuni manca la lisina, altri sono poveri di cisteina, per cui mangiandoli insieme con riso e grano siamo sicuri che non ci manca niente e non abbiamo troppo di qualche cosa. Ma ci sono anche legumi che contengono tutti gli amminoacidi necessari, come la soia, o pseudocerali come l’amaranto, la quinoa, il grano saraceno».

Chi è vegetariano o vegano è più sano?
«Sì e no. Potrebbe esserlo se mangiasse bene. Molti vegetariani o vegani che sono tali per ragioni etiche, rispettabilissime, finiscono per mangiare molto male, zucchero, bevande zuccherate, farine raffinate, alcolici».

L’Oms consiglia di ridurre il sale a un massimo di 5 grammi al giorno: «il sale iodato ha probabilmente causato un incremento di tiroiditi autoimmuni», si legge nella Grande via. Qual è l’alternativa?
«Lo iodio è stato molto importante per prevenire il gozzo nelle zone carenti di iodio, dove non si mangiavano né pesce né alghe, ma il sale iodato non è la soluzione ideale. Troppo iodio carica eccessivamente la tireoglobulina che diventa antigenica e favorisce la nascita di malattie autoimmuni, facciamo cioè anticorpi contro le nostre stesse strutture. L’alternativa è mangiare cibi ricchi di iodio, per esempio le alghe».

 

 

 

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