Sì, alcuni ulivi sono ancora vivi – La cura contro la Xylella sembra dare risultati. Ma sembra pure che la cosa non fa piacere a tutti…!

 

Xylella

 

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Sì, alcuni ulivi sono ancora vivi – La cura contro la  Xylella sembra dare risultati. Ma sembra pure che la cosa non fa piacere a tutti…!

 

Sì, alcuni ulivi sono ancora vivi

Marco Scortichini è il direttore di ricerca del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Roma e Caserta. Insieme a Francesco Paolo Fanizzi, docente all’Università del Salento, e altri ricercatori ha sperimentato una cura per salvare gli olivi, colpiti dal Co.di.r.o. e Xylella, destinati a essere eradicati. La cura sembra essere molto efficace e ha avuto anche una validazione scientifica internazionale. Tuttavia sul Quotidiano di Puglia nei giorni scorsi è apparsa una nota molto critica nei confronti della cura. In questo articolo inviato a Comune, Scortichini risponde con grande meticolosità a quella nota. Dal Salento chiedono una mano nel diffondere questa preziosa notizia che neutralizza il tentativo di azzoppare la ricerca e tiene a bada coloro che, con la scusa del batterio, vogliono sradicare le tradizionali cultivar per sostituirle con altre che meglio si adattano a un modello olivicolo intensivo. Insomma, il “Popolo degli ulivi” nonostante gli attacchi dall’alto – Stato, multinazionali, media…, la combriccola eradicatrice – aumenta e non smette di mettere in comune saperi, forte volontà di tutelare e salvare l’inestimabile patrimonio rappresentato dalla foresta degli olivi, capacità di vivere il territorio fuori dal dominio del profitto

di Marco Scortichini*

È stato pubblicato recentemente, su una rivista specializzata in patologia vegetale, uno studio triennale effettuato in Salento su olivi colpiti da Xylella fastidiosa che evidenzia come, mediante un approccio integrato, alberi destinati ad essere eradicati secondo il primo piano regionale, siano ancora vivi nonostante la presenza del patogeno nell’area, il gelo invernale e la siccità prolungata della scorsa estate. Un prodotto a base di zinco, rame ed acido citrico è stato utilizzato per verificare la possibilità di riduzione della carica batterica all’interno dell’albero, unitamente alle erpicature primaverili-estive per ridurre la presenza del vettore “sputacchina” e alle potature regolari. Rilievi molecolari e di campo hanno permesso di verificare che, a seguito dei trattamenti, la carica del patogeno all’interno dell’albero si riduce fortemente. Preliminarmente è stato osservato l’effetto battericida del prodotto (prova effettuata negli Stati Uniti da un batteriologo specializzato in studi su Xylella fastidiosa) e la forte sistemicità del prodotto che è capace di raggiungere lo xylema dove vive il batterio e lì rilasciare gli ioni zinco e rame, in grado di ridurre fortemente la presenza di Xylella.

Sul Quotidiano di Puglia è apparsa una nota di criticità nei confronto dello studio triennale che pone alcuni dubbi sulla validità della ricerca stessa. Ecco alcuni chiarimenti in merito.

A) Viene affermato che nella prova iniziale gli alberi oggetto della sperimentazione erano 110 mentre nel lavoro ne sono riportati 40. Abbiamo più volte spiegato ed anche scritto su una nota preliminare sulla stessa prova che nelle aziende di Galatone e Galatina sono state effettuate potature molto severe con lo scopo di verificare se tale pratica agronomica potesse ridurre efficacemente la presenza del batterio così da consentire la ripresa dell’albero. Ebbene, le potature severe hanno avuto l’effetto di portare a morte molti degli alberi in prova. Quindi, dopo aver constatato che tale pratica risulta deleteria per l’albero, nelle aziende, ovviamente, non si è proseguita la prova. Un riferimento a tale risultato, comunque, è stato inserito anche nel lavoro pubblicato. È ovvio che se si vanno a visionare i campi sperimentali risultino ora, per l’appunto, gravemente compromessi. Credo che la verifica della pericolosità di tale pratica apporti ulteriore conoscenza sul fenomeno.

B) Viene criticato il fatto che nella prova di efficacia battericida inerente il prodotto, effettuata negli Stati Uniti, è stato utilizzato un ceppo di xylella della sottospecie “fastidiosa” e non di “pauca”, che è quello presente in Puglia. Va precisato che negli Stati Uniti la sottospecie “pauca” è patogeno da quarantena e, quindi, è vietato manipolarlo ed utilizzarlo nei vari test. Quindi, vista anche l’impossibilità di poter lavorare direttamente in Italia su xylella (solo alcuni laboratori pugliesi possono farlo), il prodotto è stato spedito negli Stati Uniti per la verifica.

C) Si dice che i due blocchi di alberi oggetto della prova pubblicata (quelli trattati e quelli controllo, non trattati) presentassero un’intensità di attacco diversa. Nell’articolo è detto come i due blocchi avevano un grado molto simile di gravità di sintomi all’inizio della prova stessa. Nel corso della prova si è verificato come gli alberi non trattati sono andati, progressivamente, incontro alla morte al contrario di quelli sottoposti a trattamento.

D) Per quanto riguarda il numero di rametti va fatto notare che su alberi di settant’anni una differenza iniziale di cinque rami infetti tra le due cultivar, su un totale di venti piante, è da considerarsi del tutto irrilevante considerando la numerosità totale. Non si tiene conto, inoltre, che durante la prova alcune delle piante non trattate sono completamente avvizzite e che il conteggio è stato effettuato solo su quelle vive. C’è poi da osservare che i rilievi, ogni anno, sono stati effettuati da aprile ad ottobre e che il rilievo ha preso in considerazione solo i rami che, in quel momento, apparivano disseccati.

E) Il fatto di avere protetto con i trattamenti fungicidi solo piante non trattate (comunque morte) avvalora la bontà della strategia di contenimento dove l’effetto protettivo del composto ha potuto svolgere la sua attività anche in assenza di trattamenti protettivi verso le altre malattie.

F) È stato dimostrato da numerose ricerche statunitensi che lo ione zinco svolge un ruolo fondamentale nella riduzione di Xylella fastidiosa all’interno dello xilema delle piante e superare una soglia del suo contenuto all’interno della pianta contribuisce alla riduzione della carica del batterio stesso.

G) Nella conferenza, inoltre, sono stati evidenziati alcuni fattori di “confusione”. È stato detto che gli alberi oggetto della prova non erano randomizzati (non presentavano, cioè, una disposizione non casuale nei due blocchi). Nel lavoro è stato affermato che gli alberi delle due cultivar (Ogliarola salentina e Cellina di Nardò) mostrano proprio una disposizione randomizzata. In altre parole, furono piantati, lungo la fila, alternando in maniera casuale le due cultivar. È stato detto che uno dei due filari di alberi di olivo è limitrofo ad un filare di cipressi e questo può attrarre maggiormente l’insetto-vettore. Si fa notare, come proprio questa presenza vicino ai cipressi fa si che le piante sottoposte al trattamento abbiano ricevuto, con una probabilità molto maggiore, un inoculo di xylella molto più alto rispetto alle piante più lontane dai cipressi. Inoltre, lungo il filare dei cipressi, per l’impossibilità di arrivare con i mezzi meccanici, è sempre più alta la presenza di erbe infestanti (dove sopravvive l’insetto-vettore) che, conseguentemente, aumentano, di fatto, l’inoculo batterico verso le vicine piante di olivo. Anche la forte gelata invernale rientra, secondo l’articolo critico, tra i fattori di confusione. Si è dimostrato come le gelate abbiano ridotto fortemente la presenza di xylella sia nelle piante trattate che in quelle non trattate. In quelle trattate, dopo la gelate, la popolazione del batterio è risultata di molto inferiore rispetto a quelle non trattate. L’aver riscontrato tali gelate, al contrario, rappresenta un forte “valore aggiunto” per la prova, in quanto tali evenienze sono molto più frequenti per il clima attuale e hanno, quindi, consentito di capire come xylella si comporta in tali situazioni. Anche il bassissimo contenuto in zinco del terreno dove crescono gli olivi della prova è stato criticato. Anche in questo caso tale fatto costituisce un altro “valore aggiunto” alla prova, in quanto tale carenza di zinco è riscontrabile in altri areali e potrebbe aver reso l’albero più sensibile agli attacchi del batterio. Questo fatto è in stretta relazione al fatto che il composto utilizzato, proprio perché contiene zinco, è stato assorbito fortemente dalla pianta. Infine è stato fatto notare che si sono utilizzate solo 4 piante per i rilevi molecolari sull’effettiva presenza di xylella nelle piante. Si ricorda che tale numero rappresenta il 10 per cento degli alberi sottoposti a verifica su di una superficie di quasi 6.000 metri quadrati (un’area rappresentativa per prove di efficacia condotte in pieno campo) e che sulle piante oggetto della verifica molecolare sono state effettuate più di cinquecento analisi. A riguardo si fa notare che, in alcune situazioni, è sufficiente un singolo campione positivo, prelevato anche da una pianta asintomatica, per eradicare più di tre ettari di oliveto.

 

*Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), Roma e Caserta.

Sì, alcuni ulivi sono ancora vivi – La cura contro la Xylella sembra dare risultati. Ma sembra pure che la cosa non fa piacere a tutti…!ultima modifica: 2018-03-24T19:02:35+01:00da eles-1966
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