Ricordate in ns. articolo: “Indicare l’origine del grano sulla pasta? La Barilla dice NO… Chiedetevi Perchè, soprattutto quando fate la spesa”? Beh, la norma alla fine è solo una presa per i fondelli. I produttori potranno ancora fare come gli pare a nostra insaputa!

grano

 

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Ricordate in ns. articolo: “Indicare l’origine del grano sulla pasta? La Barilla dice NO… Chiedetevi Perchè, soprattutto quando fate la spesa”? Beh, la norma alla fine è solo una presa per i fondelli. I produttori potranno ancora fare come gli pare a nostra insaputa!

Ricordate il  nostro articolo dell’aprile scorso sull’opposizione di Barilla (e di altri grandi marchi) a segnalare sulle confezioni l’origine del grano?

Potete rileggerlo qui:

Indicare l’origine del grano nelle confezioni di pasta? La Barilla dice NO… Chiedetevi Perchè, soprattutto quando al supermercato fate la spesa!!

Non Vi sfuggirà che il solo fatto di opporsi, la dice lunga su quali porcherie contengono le paste industriali…

La nuova normativa avrebbe dovuto rendere obbligatoria indicazione di origine del grano a partire dal febbraio 2018.

Ma la norma che hanno partorito è una porcata. Tutela ancora una volta i produttori che potranno ancora fare quello che gli pare ed è solo una presa per i fondelli per i consumatori che, ancora, non potranno sapere cosa cavolo mangiano.

Riportiamo di seguito il nostro articolo al riguardo di qualche giorno fa:

Grano – La grande beffa dell’ obbligo di origine in etichetta. Ancora una presa per i fondelli per i consumatori. I produttori potranno ancora fare come gli pare a nostra insaputa!

Grano. Gagnarli: “La beffa della nuova etichettatura d’origine”

L’indicazione obbligatoria dal febbraio 2018 è destinata a non essere applicata e non garantisce i consumatori sulla reale presenza di grano nazionale nei pacchi di pasta italiani.

Con i nuovi decreti sull’etichettatura della pasta e del riso, dal prossimo febbraio sarà obbligatorio esplicitare sia la provenienza del grano, ovvero il suo Paese di coltivazione, sia il luogo della sua molitura. In pratica, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura “Italia e altri Paesi UE e/o non UE” in funzione dell’origine comunitaria o meno della restante metà. Idem per l’etichetta del riso dove dovranno essere chiaramente indicati sia il Paese di coltivazione sia quello di lavorazione e confezionamento. Il provvedimento ha diviso la filiera, da una parte i pastai che hanno sempre avuto ritrosia nel dichiarare apertamente che il 20-40% del grano utilizzato proviene da Australia, Canada, Francia o Stati Uniti, difendendosi dietro l’insufficienza della produzione italiana e la sua scarsa qualità proteica, dall’altra le associazioni di categoria degli agricoltori a difesa delle coltivazioni nazionali.

“Ma nel braccio di ferro tra Ministero delle Politiche Agricole e Ministero dello Sviluppo Economico il più grande sconfitto è, purtroppo, il consumatore – dichiara la deputata cortonese Chiara Gagnarli, vice-presidente della commissione Agricoltura alla Camera – L’etichetta, infatti, rischia di essere assolutamente ingannevole perché nessuna verifica può garantire che il grano italiano presente nel pacco di pasta che compriamo sia presente al 50% o all’1%. Il limite della percentuale inserita dal Governo non fa altro che raggirare i consumatori italiani. Sarebbe stata più onesta una generica dicitura ‘miscele di grani Ue/non Ue’ piuttosto che illudere tutti dell’acquisto di un prodotto in gran parte tricolore ma che, nei fatti, rischia di non esserlo. Per questo – continua Gagnarli (M5S) – presenteremo una interrogazione parlamentare per chiedere come il Governo intenda verificare la veridicità di ciò che verrà dichiarato in etichetta. Da sempre ci battiamo per una etichetta più trasparente ma questo provvedimento, che peraltro non ha rispettato le tempistiche indicate da Bruxelles, sembra essere più uno specchietto per le allodole che uno strumento in mano ai consumatori e alla filiera cerealicola nazionale”.

Le imprese italiane avranno 180 giorni di tempo per adeguarsi alla normativa nonché per smaltire le etichette e le confezioni già prodotte. I provvedimenti, nelle intenzioni del Governo, intendono anticipare la completa ed effettiva entrata in vigore del Regolamento comunitario 1169 del 2011 ma rischia, al contempo, di aprire una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles ai danni dell’Italia.

fonte: http://www.arezzonotizie.it/politica/grano-gagnarli-la-beffa-della-nuova-etichettatura-dorigine/

Ricordate in ns. articolo: “Indicare l’origine del grano sulla pasta? La Barilla dice NO… Chiedetevi Perchè, soprattutto quando fate la spesa”? Beh, la norma alla fine è solo una presa per i fondelli. I produttori potranno ancora fare come gli pare a nostra insaputa!ultima modifica: 2017-09-23T14:30:24+02:00da eles-1966
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