I SEMI DELLA DISTRUZIONE – PARTE 2

 

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I SEMI DELLA DISTRUZIONE – PARTE 2

Leggi anche: I SEMI DELLA DISTRUZIONE – parte 1

La Rivoluzione Genetica, spronata da una manciata di società transnazionali del settore delle biotecnologie e coadiuvata dai finanziamenti dei Rockefeller, ha creato un mondo nel quale nutrire gli affamati è affine a un atto di genocidio.

Seconda parte di due

Una disamina di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation di F. William Engdahl


La fusione fra le grandi multinazionali dei settori farmaceutico e alimentare

All’alba del nuovo secolo l’agricoltura a conduzione familiare risultava decimata dai poteri dell’agribusiness corporativo integrati a livello verticale, i quali oltrepassarono il loro già rigoglioso dominio risalente ai primi anni Venti del secolo appena trascorso. A quel punto tale attività industriale, con vendite annuali superiori ai 400 miliardi di dollari, quanto a profitti si trovava – a livello nazionale – al secondo posto dopo quella farmaceutica. Il passo successivo era quello di fondere i colossi del settore farmaceutico con quelli del settore agroalimentare. In un documento divulgato nel 2003, la National Defense University del Pentagono annotava:

“L’agribusiness rappresenta [ora] per gli Stati Uniti quello che il petrolio rappresenta per il Medioriente.”

Attualmente viene considerato una “arma strategica nell’arsenale dell’unica superpotenza mondiale”, ma con costi enormi per i consumatori di ogni angolo del pianeta.

L’agribusiness andava a gonfie vele e il governo statunitense lo sosteneva con sussidi annuali di decine di miliardi di dollari. Il Farm Bill del 1996 sospendeva la facoltà del ministro statunitense dell’Agricoltura di equilibrare domanda e offerta, consentendo in tal modo una produzione priva di limitazioni. I colossi agroalimentari sfruttarono appieno tale situazione per controllare le forze del mercato; schiacciarono i piccoli agricoltori ricorrendo alla sovraproduzione e facendo calare i prezzi, inoltre esercitarono pressioni sui prezzi dei terreni man mano che i piccoli gestori fallivano, creando in tal modo opportunità per l’acquisizione di terre a basso costo nell’ottica di maggiori concentrazione e dominio.

Quindi vi fu la fase dell’integrazione della Rivoluzione Genetica nell’agribusiness, secondo le modalità in cui Ray Goldberg di Harvard intendeva si presentasse. Dall’ingegneria genetica sarebbero stati creati interi nuovi settori, fra cui farmaci geneticamente modificati/manipolati derivati da piante GE/GM nel contesto di un nuovo “sistema agrofarmaceutico”. Goldberg prefigurò una

“rivoluzione genetica [tramite] la convergenza industriale dei settori di alimenti, salute, medicina, tessile ed energia”,

nell’ambito di un mercato del tutto privo di regolamentazione. Non si faceva menzione di un minaccioso occulto incubo per il consumatore.

 

Il cibo è potere

Nel 1985 l’elemento catalizzatore della Rivoluzione Genetica furono i finanziamenti della Rockefeller Foundation; le mire erano assai ambiziose: verificare se le piante GM fossero praticabili sotto il profilo commerciale e, in tal caso, diffonderle ovunque. Secondo Engdahl si trattava della “nuova eugenetica” – culmine delle precedenti ricerche avviate negli anni Trenta – disciplina peraltro basata sul concetto che i problemi dell’umanità si possano

“risolvere tramite manipolazioni chimiche e genetiche…come fondamentale metodo di controllo sociale e ingegneria sociale”.

Gli scienziati della fondazione cercarono di conseguire tale risultato riducendo le infinite complessità della vita a “semplici, deterministici e predittivi modelli” nel contesto del loro diabolico piano – mappando strutture genetiche allo scopo di “correggere problemi di natura sociale e morale fra cui criminalità, povertà, fame e instabilità politica”. Nel 1973, con lo sviluppo delle essenziali tecniche di ingegneria genetica, il progetto era in atto.

La questione si basa su quello che viene denominato DNA ricombinante (rDNA) e funziona introducendo a livello genetico in piante e animali DNA estraneo per creare organismi geneticamente modificati (OGM), ma non senza rischi. La D.ssa Mae-Wan Ho, primo biologo presso il London Institute of Science in Society, spiega che esistono pericoli in quanto il processo è impreciso.

“È incontrollabile e inaffidabile, e finisce tipicamente per danneggiare e scombinare il genoma ospite, con conseguenze del tutto imprevedibili” che potrebbero scatenare un letale e irrevocabile “Ceppo Andromeda”.

La ricerca è andata avanti comunque, fra le menzogne secondo cui i rischi erano minimi e che era in vista un futuro radioso. Tutto quel che importava erano i potenziali enormi profitti e i vantaggi geopolitici – quindi approfittiamo della situazione e lasciamo che il denaro vada a finire dove capita.

Uno dei progetti era quello di mappare il genoma del riso, il che determinò l’avvio di un’iniziativa – della durata di 17 anni – finalizzata a diffondere il riso OGM in tutto il mondo, spalleggiata dal denaro della Rockefeller Foundation; quest’ultima spese milioni di dollari per finanziare 46 laboratori scientifici in tutto il mondo, sovvenzionò la preparazione di centinaia di neolaureati e sviluppò una “confraternita d’élite” formata dai più eminenti ricercatori scientifici presso gli istituti di ricerca appoggiati dalla Fondazione stessa. Si trattava di un piano diabolico, che puntava molto in alto: controllare i prodotti alimentari essenziali di 2.4 miliardi di persone e, al contempo, distruggere la diversità biologica di oltre 140.000 varietà sviluppate in grado di far fronte a siccità e parassiti e di crescere in ogni clima immaginabile.
L’obiettivo primario era l’Asia; Engdahl espone la sinistra vicenda dell’International Rice Research Institute (IRRI), di stanza nelle Filippine e finanziato dalla Fondazione. Tale istituto disponeva di una banca del gene provvista di “ogni rilevante varietà di riso nota” e che annoverava un quinto di tutte le varietà. L’IRRI consentì ai colossi dell’agribusiness di utilizzare illegalmente le sementi a scopo di modificazione genetica esclusiva e brevettata, in modo che costoro potessero immetterle sul mercato e averne il controllo esigendo che gli agricoltori fossero muniti di concessione nonché costretti a corrispondere annualmente somme per i diritti di licenza.
Nel 2000 venne elaborato un riuscito “Golden Rice” arricchito con betacarotene (precursore della vitamina A), poi commercializzato in base alla fraudolenta asserzione che una ciotola al giorno di tale riso era in grado di prevenire la cecità e altre carenze di vitamina A. Si trattava di una truffa, dato che altri prodotti sono fonti – di gran lunga migliori – di tale elemento nutritivo, laddove per assumerne un quantitativo sufficiente è necessario ingurgitare quotidianamente l’impossibile massa di nove chili di riso.
Nondimeno, i sostenitori della Rivoluzione Genetica erano pronti alla loro mossa successiva, ovvero “il consolidamento del controllo globale delle forniture alimentari dell’umanità”, per il quale disponevano di un nuovo strumento: l’Organizzazione Mondiale del Commercio. I colossi corporativi ne stilarono i regolamenti per avvantaggiare sé stessi a scapito dei paesi in via di sviluppo esclusi dal ‘gioco’.

La diffusione sfrenata delle sementi OGM: inizia la rivoluzione della produzione mondiale di derrate alimentari

Alla fine degli anni Ottanta una rete globale di biologi molecolari preparati in ingegneria genetica era pronta ad avviare la “Seconda Rivoluzione Genetica”. Il loro primo test di laboratorio fu l’Argentina, la prima nazione “cavia” coinvolta in un avventato esperimento con nuovi prodotti alimentari non testati e potenzialmente pericolosi.

L’Argentina si rivelò un bersaglio facile quando, nel luglio 1989, Carlos Menem ne divenne presidente. Costui rappresentava il sogno di ogni esponente delle corporazioni, un compiacente suddito del Washington Consensus, e permise persino ai compari di David Rockefeller a Washington e New York di stilare il suo programma economico innervato dal dogma della Scuola di Chicago: privatizzazioni, deregolamentazione, mercati locali aperti alle importazioni e tagli ai già ridotti servizi sociali.

Nel 1991 l’Argentina era già un “laboratorio sperimentale segreto per lo sviluppo di coltivazioni geneticamente manipolate”. Di fatto l’agricoltura del paese era stata consegnata a Monsanto, Dow, DuPont e ad altri colossi degli OGM affinché questi la sfruttassero per il loro profitto. Le cose non sarebbero mai più state le stesse. Verso la metà degli anni Novanta Menem stava “rivoluzion[ando] la tradizionale produttiva agricoltura argentina” per trasformarla in una monocoltura destinata all’esportazione globale.

Dal 1996 al 2004, a livello globale, la messa a dimora di coltivazioni OGM si espanse sino a raggiungere i 167 milioni di acri, un incremento pari a 40 volte che sfruttava il 25 per cento di tutti i terreni arabili disponibili a livello mondiale; due terzi della superficie in acri (106 milioni di acri, ovvero 43 milioni di ettari) si trovavano in territorio statunitense. Nel 2004 l’Argentina si trovava al secondo posto, con 34 milioni di acri (14 milioni di ettari), mentre la produzione si stava estendendo a Brasile, Cina, Canada, Sudafrica, Indonesia, India, Filippine, Colombia, Honduras, Spagna ed Europa dell’Est (Polonia, Romania e Bulgaria). La rivoluzione procedeva a gonfie vele; a quel punto sembrava inarrestabile.

Nel 1995 la Monsanto introdusse i fagioli di soia Roundup Ready (RR), dotati del loro speciale batterio inserito geneticamente che consente alla pianta di resistere all’irrorazione dell’erbicida glifosato, il Roundup. La soia OGM risulta così protetta dallo stesso prodotto che in Colombia si impiega per sradicare le coltivazioni di piante adibite alla produzione di droghe ma che, al contempo, danneggia coltivazioni lecite ed esseri umani. Dopo che, nel 1996, la soia RR della Monsanto venne autorizzata dalla FDA (ente statunitense preposto al controllo alimentare e farmacologico, ndt), in Argentina

“un sistema agricolo nazionale un tempo produttivo basato su aziende a conduzione familiare [fu trasformato in] un sistema statale neo-feudale dominato da una manciata di potenti e facoltosi” proprietari che lo sfruttavano a loro profitto.

Menem andò avanti. In meno di un decennio aveva permesso che la varietà del paese, rappresentata da frumento, granturco e bestiame, venisse sostituita da una monocoltura controllata dalle corporazioni. Si trattò di un patto faustiano, che verso la fine del 2007 contribuì a far toccare al prezzo delle azioni della Monsanto un livello mai raggiunto in precedenza.
I precedenti decenni contraddistinti da varietà e rotazione delle colture avevano preservato la qualità del suolo argentino, tuttavia tale situazione cambiò allorquando si attestò la monocoltura della soia, accompagnata dalla sua forte dipendenza dai fertilizzanti chimici. Le colture argentine tradizionali scomparvero e il bestiame fu rinchiuso in sovraffollati ambienti confinati per l’allevamento intensivo, come negli Stati Uniti. Engdahl cita un eminente agro-ecologo il quale prefigura che, se continueranno, queste pratiche distruggeranno il territorio nell’arco di 50 anni. Niente lascia intravedere che vi sarà una qualche interruzione del processo.
La crisi economica che ha colpito l’Argentina verso la fine degli anni Novanta-inizi del decennio successivo ha reso disponibili ampi e ulteriori appezzamenti di terra, allorché gli agricoltori ridotti sul lastrico si videro costretti a rinunciare alle loro tenute svendendole per pochi soldi. I predatori corporativi e i proprietari terrieri latifondisti ne approfittarono. Con la monocoltura meccanizzata di soia OGM i caseifici del paese si ridussero della metà e “centinaia di migliaia di lavoratori [furono costretti a] lasciare le terre” per andare a ingrossare le fila dei poveri.

La Monsanto attraversava un ottimo periodo e utilizzò vari piani di sfruttamento; nel 1999 indusse Menem a consentirle di riscuotere “diritti prorogati”, sebbene la legislazione argentina vietasse tale prassi. Anche l’esportazione illegale di sementi Roundup Ready in Brasile, Paraguay, Bolivia e Uruguay si svolse di nascosto.
La Monsanto quindi esercitò sul governo argentino pressioni affinché riconoscesse il suo “diritto di brevetto della tecnologia”; si costituì un Fondo di Compensazione della Tecnologia, gestito dal Ministero dell’Agricoltura, che costrinse gli agricoltori a corrispondere una tassa pari a quasi l’uno per cento sulle vendite di soia OGM; a beneficiare dei fondi furono la Monsanto e altri fornitori di sementi OGM.
Nel 2004 quasi la metà dei terreni coltivabili della nazione era adibita alla produzione di soia GM e oltre il 90 per cento di tale frazione era destinato esclusivamente alla qualità Roundup Ready della Monsanto. Engdahl la vede in questi termini:

“L’Argentina era diventata il più grande incontrollato laboratorio sperimentale per gli OGM.”

La sua popolazione si era a sua volta trasformata in ignari topi da laboratorio.

Nel 2005 il governo del Brasile venne a più miti consigli e legalizzò per la prima volta le sementi OGM. Nel 2006 USA, Argentina e Brasile incidevano per oltre l’81 per cento della produzione mondiale di soia GM, il che “comporta che praticamente ogni animale del pianeta alimentato con pastoni alla soia consuma soia geneticamente manipolata” e, inoltre, che chiunque mangi le carni di questi animali fa inavvertitamente altrettanto.
L’Argentina ha sperimentato ulteriori ricadute che rischiano di assumere maggiori dimensioni. La sua monocoltura della soia ha avuto imponenti effetti sul territorio delle campagne, mentre ampi tratti di foreste sono stati distrutti. Gli agricoltori tradizionali vicini alle colture di soia sono stati seriamente danneggiati dall’irrorazione aerea di Roundup; i loro raccolti sono rimasti devastati, perché è questo che l’erbicida in questione è progettato a fare: uccidere tutte le piante prive della resistenza geneticamente modificata. Gli agricoltori in questione raccontano che il loro pollame è morto e che i cavalli sono stati gravemente danneggiati dalle irrorazioni aeree. Anche gli esseri umani hanno subito conseguenze e possono manifestare violenti sintomi di nausea, diarrea e vomito, nonché lesioni cutanee. Altri riferiscono di ulteriori ricadute: animali nati con gravi malformazioni degli organi, banane e patate dolci deformi, nonché laghi pieni di pesci morti. Per di più, alcune famiglie rurali affermano che in seguito alle irrorazioni aeree i loro figli hanno sviluppato “grottesche chiazze sul corpo”.

Quanto al promesso maggior rendimento della soia GM, i risultati hanno evidenziato raccolti ridotti del 5-15 per cento rispetto ai loro corrispondenti tradizionali, più “nuove tenaci erbe infestanti” per distruggere le quali necessita una quantità tripla di erbicida. Allorquando gli agricoltori si rendono conto di tutto questo, ormai è troppo tardi.
Engdahl riassume la situazione degli agricoltori:

“Risulterebbe arduo immaginare uno schema più perfetto di coercizione umana.”

E la situazione era ancor peggiore. L’Argentina è stato il primo caso di sperimentazione “in un piano globale portato a compimento nell’arco di decenni e di portata assolutamente sconvolgente e terrificante”.

 

L’Iraq beneficia dei semi statunitensi della democrazia

Per l’Iraq la democrazia ha comportato la cancellazione della “culla della civiltà” a favore di un capitalismo liberista privo di impedimenti. Nel 2003 l’Iraq è stato invaso non solo per il suo petrolio, ma anche per trasformare il paese in un gigantesco paradiso del libero commercio. Il piano era diabolico, elaborato e orrendo: guerra lampo di tipo “colpisci e terrorizza”, elaborate operazioni psicologiche, la paura usata come arma, occupazione repressiva, tortura e detenzione di massa e, infine, la più rapida e radicale riconfigurazione di un paese a memoria d’uomo. Tutto accadde nell’arco di alcune settimane. L’Iraq non esiste più, il paese è una terra desolata, la sua popolazione è devastata e si è creato il terreno per uno sfrenato saccheggio da parte delle corporazioni su scala pressoché inimmaginabile.
Parte del piano prevedeva che i colossi dell’agribusiness OGM avessero mano libera sul relativo settore dell’economia, onde trasformare radicalmente il sistema produttivo agroalimentare dell’Iraq in un modello per sementi e piante OGM; questo fu affidato al mandato di svariate delle 100 “leggi Bremer” celermente applicate, tuttavia al riguardo gli Iracheni non hanno avuto voce in capitolo, dato che il paese era ormai governato da Washington e dalla sua filiale all’interno della superprotetta Zona Verde, nella più grande ambasciata statunitense al mondo.

Le leggi di Bremer hanno imposto la più rigida “terapia d’urto” mai vista in puro stile Scuola di Chicago, del genere di quelle che, sin dalla loro introduzione nel Cile di Pinochet, avvenuta nel 1973, devastarono paesi di tutto il mondo. La formula era quella consueta: licenziamenti di massa dei dipendenti statali, nell’ordine delle centinaia di migliaia; importazioni illimitate in assenza di tariffe, dazi, ispezioni o tasse; deregolamentazione; infine, il più vasto piano di privatizzazione e liquidazione del patrimonio statale dai tempi del collasso dell’Unione Sovietica. Le tasse imposte alle corporazioni sono state abbassate dal 40 al 15 per cento. Gli investitori esteri potevano possedere il cento per cento dei beni iracheni, fatta eccezione per il petrolio; potevano inoltre riportare in patria i loro profitti senza che questi venissero tassati, né avevano l’obbligo di reinvestire nel paese. Come se non bastasse, sono state date loro concessioni d’uso quarantennali per la produzione di petrolio. Le uniche leggi dell’era Saddam sopravvissute erano quelle concernenti le limitazioni imposte ai sindacati e alla contrattazione collettiva. Le transnazionali straniere, in gran parte statunitensi, si sono avventate sulla preda e hanno divorato ogni cosa. Gli Iracheni non erano in grado di competere e le leggi di occupazione hanno garantito che ciò non avvenisse.
Prendete in considerazione il Bremer Order 81 del 26 aprile 2004, concernente i brevetti e la relativa durata; tale direttiva recita:

“Agli agricoltori sarà vietato riutilizzare sementi di varietà tutelate o di qualsiasi altra varietà.”

Tale normativa conferiva ai proprietari dei brevetti delle suddette varietà i diritti assoluti – per 20 anni – sull’utilizzo delle loro sementi da parte degli agricoltori; si tratta di sementi geneticamente manipolate e di proprietà delle transnazionali. Gli agricoltori iracheni che ne fanno uso hanno dovuto firmare un accordo in base al quale sono tenuti a pagare una ”tassa sulla tecnologia” nonché una tassa annuale di utilizzo. L’impiego di sementi “simili” a quelle brevettate e tutelate potrebbe portare a multe assai salate e persino alla detenzione. Al centro della direttiva vi è la “Plant Variety Protection” (PVP) – laddove le sementi OGM hanno conseguito la tutela per scalzare 10.000 anni di sviluppo di varietà di piante.
La fertile valle irachena compresa fra i fiumi Tigri ed Eufrate è ideale per le colture. Sin dall’8000 a.C. gli agricoltori la utilizzano per sviluppare “abbondanti sementi di quasi ogni varietà utilizzata oggi nel mondo”. Tali varietà sono state ormai annientate tramite il piano di modernizzazione e industrializzazione OGM, in modo che l’agribusiness potesse prendere piede nella regione e rifornire il mercato mondiale.

Mentre gli Iracheni soffrono e patiscono la fame, i colossi degli OGM gestiscono l’agricoltura del paese a scopo di esportazione. Ora gli agricoltori iracheni sono servi dell’agribusiness e costretti a coltivare prodotti estranei al regime alimentare locale, come il frumento destinato alla produzione di pasta. A stabilirlo sono le Leggi Bremer, peraltro inviolabili in base all’Articolo 26 della Costituzione redatta dagli Stati Uniti. L’articolo in questione recita che il governo iracheno non ha la facoltà di modificare le leggi formulate da un occupante straniero. Per garantirlo, in ogni ministero sono presenti simpatizzanti degli Stati Uniti, i più fidati dei quali collocati nei dicasteri cruciali.
Engdahl riassume i danni arrecati all’agricoltura:

“La trasformazione forzata della produzione alimentare dell’Iraq in colture OGM brevettate è uno dei più chiari esempi di [come] la Monsanto e altri colossi OGM stiano imponendo [tali] colture a una popolazione mondiale ignara o riluttante.”

Con esse stanno infestando il pianeta, un paese alla volta, e tentare di porre rimedio ai danni che provocano è futile.

 

Il “Giardino delle Delizie in Terra”

Il 1° gennaio 1995 fu costituito ufficialmente il WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), dotato dei poteri di imporre e far osservare agli stati membri le sue leggi stilate dalle corporazioni. L’agribusiness statunitense esercitava già il predominio, nondimeno a questo punto aveva a disposizione un nuovo ente sovranazionale e non eletto per promuovere la propria agenda privata su scala globale. Il WTO svolge il ruolo di “poliziotto” del libero commercio globale nonché quello di rapace “ariete del multimiliardario agribusiness mondiale” per conto dei colossi del settore. I suoi regolamenti sono stati stilati con la forza e gli strumenti di una “autorità punitiva” adibita a imporre pesanti sanzioni economiche e di altro genere a coloro che violano i regolamenti stessi, in base ai quali l’agricoltura ha un ruolo prioritario poiché le società statunitensi sono dominanti. La Cargill ha redatto i regolamenti che Engdahl definisce il “Cargill Plan” e che:

  • proibiscono a livello mondiale tutti i programmi agricoli governativi e i sostegni ai prezzi (ma strizzano l’occhio, annuendo, ai considerevoli sussidi statunitensi);
  • vietano alle nazioni di imporre regolamentazioni alle importazioni allo scopo di tutelare la propria produzione agricola;
  • proibiscono i controlli sull’esportazione di prodotti agricoli, anche in tempi di carestia, in modo che la Cargill possa dominare il commercio mondiale dell’esportazione di cereali;
  • vietano alle nazioni di limitare gli scambi commerciali tramite leggi di tutela definite “barriere commerciali”, il che fra l’altro apre i mercati mondiali a importazioni senza restrizioni di prodotti alimentari OGM, senza alcuna necessità di dimostrarne la sicurezza.

La lobby dell’International Food & Agricultural Trade Policy Council (IPC) ha collaborato con la Cargill e l’agribusiness statunitense onde promuoverne l’agenda in questione. A prendere il comando sono stati i paesi del cosiddetto Gruppo dei Quattro (Quad): Stati Uniti, Canada, Giappone e Unione Europea (UE). Riunendosi in segreto, costoro hanno stabilito per tutti i 134 membri del WTO le politiche agricole formulate dai colossi agroalimentari statunitensi, fra cui Cargill, Monsanto, ADM e DuPont, unitamente a colossi europei quali Nestlé e Unilever. La loro politica era finalizzata a eliminare le leggi e le misure di protezione nazionali a favore di liberi mercati privi di restrizioni a vantaggio dei paesi del ‘Nord Globale’.

Tramite i brevetti i colossi degli OGM detengono il controllo sulle sementi delle principali colture e abbisognano dell’autorità del WTO per imporle a un mondo diffidente, impresa realizzata ricorrendo all’Agreement on Agriculture (AoA) e al relativo Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS – Aspetti dei diritti di proprietà intellettuale inerenti al commercio, ndt).

Sino all’avvento dell’agribusiness la produzione alimentare e i mercati erano organizzati su base locale. Ora tale situazione è mutata, i colossi corporativi detengono il controllo e sono nelle condizioni di stabilire i prezzi manipolando l’offerta.

I regolamenti dell’AoA sono stati decisi per favorire tale situazione e, inoltre, fanno valere la massima priorità dell’agribusiness: “un mercato globale libero e integrato per i suoi prodotti”, fra cui quelli OGM che, in base a quanto stabilito dall’amministrazione Bush senior, sono “sostanzialmente equivalenti” a sementi e colture ordinarie e non necessitano di regolamentazione governativa; tale disposizione è scritta nei regolamenti del WTO nel contesto del Sanitary and Phitosanitary (SPS) Agreement (accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, ndt) e recita che le leggi nazionali che mettono al bando i prodotti OGM sono “prassi commerciali sleali”, anche quando tali prodotti mettono a repentaglio la salute umana.

Esistono altri regolamenti del WTO, nell’ambito dell’Agreement on Technical Barriers to Trade (Accordo sulle barriere tecniche al commercio, ndt), i quali proibiscono l’etichettatura degli OGM. Di conseguenza, i consumatori non sanno cosa mangiano né sono in grado di evitare questi prodotti alimentari potenzialmente pericolosi. Per risolvere tale problema nel 1996 è stato stilato il Protocollo sulla Biosicurezza, che dovrebbe essere in vigore proprio a tale scopo. Ad ogni modo alle richieste dei paesi in via di sviluppo è stato “teso un agguato da parte del governo e della lobby dell’agribusiness, potenti e organizzati”, i quali hanno sabotato i negoziati e insistito affinché le misure inerenti alla biosicurezza fossero subordinate ai regolamenti commerciali del WTO a vantaggio dei paesi industrializzati. Come risultato i negoziati sono falliti, le problematiche relative alla sicurezza sono state ignorate e si è spianata la strada all’indiscriminata diffusione delle sementi OGM su scala mondiale.
In base ai regolamenti TRIPS del WTO, tutti gli stati membri sono tenuti a varare leggi sulla proprietà intellettuale a tutela dei brevetti che, per l’appunto, rendono il sapere una proprietà, il che a sua volta “dà libero sfogo” pressoché ovunque alla proliferazione di sementi e alimenti OGM, anche contravvenendo alle leggi nazionali in materia di sicurezza alimentare.

I colossi degli OGM hanno amici potenti nel governo; i secondi appoggiano l’agenda dei primi. Uno di costoro è George W. Bush il quale nel 2003, dopo l’invasione dell’Iraq, ha fatto della proliferazione delle sementi OGM la sua priorità; con un sostegno di tal genere, le società degli OGM hanno spinto la situazione sino al limite.
Engdahl fornisce un calzante esempio che riguarda la società biotecnologica texana RiceTec. La RiceTec ha tramato per brevettare il riso basmati, da migliaia d’anni alimento principale in tutta l’Asia. Con la collusione dell’IRRI, la società ha trafugato le sementi e le ha brevettate in base ai regolamenti stilati dalla Fondazione Rockefeller. A rendere questo possibile è stata una sentenza emessa nel 2001 dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Ag Supply v. Pioneer Hi-Bred;

“ha tutelato il principio in base al quale si ammettono brevetti su piante e altre forme di vita”.

In base al regolamento, è possibile brevettare varietà di piante OGM – e alcune agenzie governative statunitensi sono complici nell’aiutare i colossi dell’agribusiness ad assicurarsi che nulla si frapponga sulla loro strada. Di conseguenza, il furibondo attacco della monocoltura OGM minaccia ovunque la diversità delle specie vegetali.
Con il pieno appoggio di Washington e del WTO, le principali società di biotecnologie stanno brevettando qualsiasi pianta immaginabile in forma OGM. Engdahl fa riferimento alla “Rivoluzione Genetica [come a una] forza torrenziale nell’agricoltura mondiale” all’inizio del nuovo millennio, con quattro società dominanti che detengono il controllo degli OGM e dei relativi mercati agrochimici: Monsanto, DuPont e Dow AgroSciences negli USA e, in Svizzera, Syngenta (creata dalla fusione dei settori agricoltura della Novartis e della AstraZeneca).

Il “numero uno a livello mondiale” è la Monsanto. Abbiamo esaminato tale società nella prima parte del presente articolo; Engdahl cita le parole del suo presidente, secondo cui lo scopo è la fusione globale di “tre delle più grandi industrie a livello mondiale – agricoltura, prodotti alimentari e salute – che attualmente operano [separatamente, ma] alcuni cambiamenti…ne determineranno l’integrazione”. Questa frase risale a sette anni orsono. Ora sta accadendo.
Engdahl prende in considerazione informazioni pertinenti sull’industria che altrimenti potrebbero essere passate inosservate: che i tre colossi statunitensi degli OGM vantano prolungati e sordidi rapporti di collaborazione con il Pentagono nella fornitura di agenti chimici altamente devastanti come l’Agente Arancio, il napalm e altri. Adesso costoro pretendono che ci fidiamo di loro per quanto riguarda i prodotti più importanti che ingeriamo – alimenti e farmaci – a dispetto di ben fondate prove che le loro varietà OGM sono nocive per la salute umana. I loro trascorsi di attenzione per la salute pubblica sono atroci.
Piaccia o meno, stanno promuovendo la loro agenda, come peraltro evidenzia un rapporto della Fondazione Rockefeller risalente al 2004. A partire dal 1996 la produzione di colture GM ha conseguito incrementi percentuali a due cifre per nove anni consecutivi. Attualmente in 17 paesi oltre otto milioni di agricoltori seminano colture OGM, per oltre il 90 per cento dei casi in paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti sono di gran lunga il paese leader, “con un’aggressiva promozione governativa, assenza di etichettatura e dominio sulla produzione agricola nazionale”. Qui,

le colture geneticamente manipolate [hanno] fondamentalmente preso il sopravvento sulla catena alimentare statunitense”.

Nel 2004, oltre l’85 per cento delle sementi di soia e il 45 per cento di quelle di granturco erano geneticamente modificate e, dato che gli alimenti destinati agli animali provengono principalmente da tali colture,

“l’intera produzione di carne della nazione [e le esportazioni] deriva da animali nutriti con alimenti geneticamente modificati”.

La faccenda assume toni ancor più drammatici. Il vento e l’aria fanno proliferare le sementi GM nei campi adiacenti, compresi quelli biologici, che ora sono in qualche misura contaminati. Engdahl spiega:

“…dopo appena sei anni, una porzione stimata nell’ordine del 67 per cento della superficie agricola statunitense totale è rimasta [irreparabilmente] contaminata da sementi geneticamente manipolate. Il genio era uscito dalla bottiglia”;

per quel che è noto a livello scientifico, niente è in grado di invertire tale situazione.
Questo rende la coltivazione “biologica pura” impossibile, fatta eccezione, forse, per alcune aziende assai isolate, che comunque costituiscono un’esigua percentuale del settore. Pur tuttavia, le colture biologiche sono più sicure di quelle trattate con sostanze chimiche e incomparabilmente preferibili a qualsiasi tipo di coltura geneticamente modificata. Detto questo, dato che la Rivoluzione Genetica progredisce a livello mondiale, il futuro dell’agricoltura biologica è a rischio – il che lascia inorriditi coloro che, come il sottoscritto, vi fanno assegnamento.
Prendete inoltre in considerazione il modo in cui i colossi degli OGM acquisiscono quote di mercato avvalendosi dell’ausilio del governo e del WTO, agevolati dall’imposizione di rigidi accordi sui diritti di utilizzazione e sulle tecnologie agli agricoltori, i quali sono tenuti a corrispondere tasse su base annuale. Gli accordi in questione sono vincolanti e applicati tramite accordi sull’impiego della tecnologia che gli agricoltori si trovano costretti a sottoscrivere, rimanendo così intrappolati in una “nuova forma di servitù della gleba”. Ogni anno sono costretti ad acquistare nuove sementi e hanno la proibizione di riutilizzare qualsiasi semente degli anni precedenti, come invece accadeva abitualmente prima dell’introduzione degli OGM. Il mancato rispetto degli accordi può avere come esito gravi danni legali o persino la detenzione e, potenzialmente, la perdita dei terreni.
Conniventi agenzie governative e astute strategie di commercializzazione favoriscono la “Rivoluzione Genetica”, servendosi di “menzogne, dannate menzogne” secondo cui le colture OGM hanno maggior rendimento e sono in grado di risolvere il problema della fame nel mondo. I riscontri dimostrano tutt’altro. Per di più, con l’andar del tempo si sviluppano “super-erbe infestanti” resistenti e il rendimento dei raccolti cala. Gli agricoltori si vedono costretti a utilizzare maggiori quantitativi di erbicidi, sono vincolati a elevate tasse di diritto d’uso e finiscono per rimetterci del denaro. In sostanza: il caso delle “sementi geneticamente manipolate per l’agricoltura [era] fondato su una roccaforte di frodi scientifiche e menzogne corporative”. Queste informazioni vengono tenute nascoste al pubblico e nel momento in cui sprovveduti agricoltori si accorgono di essere stati imbrogliati, ormai è troppo tardi.

I riscontri inerenti ai pericoli rappresentati dagli OGM sono progressivamente aumentati e hanno messo in allarme l’industria del settore. Nel 2005 ricerche scientifiche russe hanno dimostrato che gli OGM provocano danni che possono avere inizio in utero: in oltre la metà dei casi, ratti alimentati con soia geneticamente modificata sono morti entro le prime tre settimane di vita – vale a dire sei volte il normale tasso di decessi.

Controllo demografico: Terminator, Traitor e sementi di mais anticoncezionale

Di importanza cruciale per la strategia dei colossi degli OGM era la necessità di una “nuova tecnologia che permettesse loro di commercializzare sementi che non si riproducessero”, quindi elaborarono tecnologie di restrizione all’uso di piante geneticamente modificate (GURTs), che produssero le cosiddette sementi “Terminator”. Il procedimento è brevettato e si applica a sementi di tutte le specie di piante. Ripiantarle non ha alcun esito: non cresceranno. Si tratta della soluzione dell’industria al controllo della produzione alimentare mondiale e garantisce al contempo lauti profitti. Che scoperta! Mais, soia e altre sementi Terminator sono state “geneticamente modificate per ‘suicidarsi’ dopo una stagione di coltivazione” a opera di un gene incorporato che produce una tossina.

Una tecnologia di seconda generazione strettamente correlata, la T-GURT, produce sementi soprannominate Traitor. Tale tecnologia verte sul controllo della fertilità e delle caratteristiche genetiche di una pianta grazie a un “promotore di gene che può essere indotto” denominato “interruttore del gene”. Le colture OGM resistenti ai parassiti e alle malattie ‘funzionano’ unicamente tramite l’impiego di uno specifico composto chimico realizzato dalle società come la Monsanto. Gli agricoltori che acquistano sementi illegalmente non avranno a disposizione il composto che ”accende” il gene resistente. In tal modo la tecnologia Traitor crea un nuovo mercato vincolato ai colossi degli OGM, laddove le sementi Traitor risultano avere costi di produzione inferiori rispetto a quelle Terminator.
Combinate, queste due tecnologie conferiscono ai colossi dell’agribusiness poteri senza precedenti:

“Per la prima volta nella storia, tale situazione [consente a] tre o quattro multinazionali private delle sementi…di dettare agli agricoltori di tutto il mondo le proprie condizioni.”

Si tratta di uno strumento di guerra biologica quasi “troppo valido per crederci”, a fronte dell’aperta opposizione della cittadinanza che l’industria e il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense (USDA) si propongono di mettere a tacere.

Engdahl cita il portavoce dell’USDA Willard Phelps il quale, in un’intervista risalente a giugno del 1998, affermava che l’ente desiderava che la tecnologia Terminator fosse “data ampiamente in concessione e resa speditamente disponibile a numerose società del settore sementi”. La ragione di fondo era occulta: introdurre le sementi in questione nei paesi in via di sviluppo in quanto primaria strategia della Fondazione Rockefeller. Engdahl la definisce il “Cavallo di Troia dei colossi occidentali delle sementi OGM per acquisire il controllo delle forniture alimentari del Terzo Mondo, in aree in cui le leggi sui brevetti sono assai permissive o addirittura inesistenti”. Per la Fondazione diventò di importanza prioritaria diffondere le sementi in tutto il mondo, onde impossessarsi in modo irreversibile dei mercati. L’USDA appoggiò in pieno tale progetto.
Un tal genere di influenza (assieme al WTO) è soverchiante; è la tattica utilizzata allorquando il Dipartimento di Stato e quello dell’Agricoltura degli Stati Uniti coordinano interventi di lotta alle carestie impiegando prodotti geneticamente modificati in eccedenza. Gli agricoltori che ricevono le sementi OGM non vengono informati sulla loro natura: le piantano inconsapevolmente per il raccolto successivo e così vengono ‘arpionati’. La proliferazione, peraltro, non è limitata all’Africa. Lo scopo dell’industria del settore è quello di introdurre gli OGM ovunque, ricorrendo alla coercizione, alla corruzione e ad altre tattiche illegali, soprattutto in paesi in via di sviluppo pesantemente indebitati. Nel caso della Polonia il suolo – che era uno dei più fertili in Europa – risulta ormai deteriorato dalla contaminazione genetica.
Prendete ora in considerazione come il piano sia connesso con la strategia della Fondazione Rockefeller per il controllo della popolazione. Nel 2001 il progetto ricevette agevolazioni quando la compagnia biotech privata Epicyte annunciò di aver sviluppato con successo la “coltura OGM definitiva”: la semente di mais anticoncezionale; questa venne definita la soluzione alla “sovrappopolazione” del pianeta, tuttavia le notizie in merito scomparvero dalla circolazione dopo che la Biolex acquisì la compagnia.

In un modo o nell’altro, la Fondazione Rockefeller tenta di ridurre la popolazione, come peraltro sta facendo in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) finanziando sommessamente il suo programma di “salute riproduttiva” tramite l’impiego di un vaccino contro il tetano che, combinato con ormoni naturali hCG, opera come un agente abortivo che impedisce la gravidanza, quantunque tale aspetto non venga reso noto alle donne che lo assumono.
Quanto alla prospettiva del Pentagono a riguardo della riduzione della popolazione come sofisticata forma di “’guerra biologica’ [finalizzata a] risolvere la fame nel mondo”, tutto tace.

Il panico dell’influenza aviaria e i polli OGM

Nel 2005 George W. Bush indusse ingannevolmente l’opinione pubblica a credere che, se incontrastata, una cosiddetta epidemia di influenza aviaria si sarebbe trasformata in una pandemia. Come di consueto, la soluzione fu quella di delegare al settore privato e premiare i suoi compari. Nel caso specifico, egli chiese al Congresso di destinare uno stanziamento d’emergenza pari a un miliardo di dollari dei contribuenti per un farmaco, il Tamiflu. Un fatto cruciale rimase sottaciuto: il farmaco era elaborato e brevettato dalla Gilead Science – il cui presidente, prima di assumere l’incarico di segretario alla Difesa, rispondeva al nome di Donald Rumsfeld, il quale peraltro ne era ancora azionista di maggior rilievo. La paura, combinata agli stanziamenti del governo e un prezzo delle azioni in aumento, mise Rumsfeld nelle condizioni di accumulare una fortuna, esattamente nello stesso modo in cui Dick Cheney, nelle vesti di vicepresidente, aveva tratto profitto dai propri legami con la Halliburton.
Engdahl pone il seguente quesito:

“La paura dell’influenza aviaria fu l’ennesimo stratagemma del Pentagono” dalle finalità ignote?

Rifacendosi a note e insabbiate azioni passate del governo, “un presumibilmente letale” nuovo ceppo di influenza “doveva essere considerato decisamente con sospetto”; veniva sfruttato per promuovere gli interessi dell’agribusiness e della pollicoltura “secondo  il modello della Tyson Foods dell’Arkansas”. Considerate i fatti. A causa degli spazi angusti e delle condizioni di sovraffollamento cui sono costretti gli animali, gli allevamenti in batteria costituiscono il terreno di coltura per una potenziale proliferazione di malattie, nondimeno tale aspetto non è mai stato citato come una minaccia. Al contrario, a essere additati come colpevoli sono stati i piccoli allevamenti all’aperto a conduzione familiare, in particolar modo quelli asiatici, quando in realtà tale nozione è quantomeno assai poco plausibile; i piccoli allevamenti di questo tipo sono i più sicuri, tuttavia la campagna di propaganda di marca governativo-industriale ha sostenuto il contrario.

Lo schema è palese. Cinque colossi multinazionali dominano la produzione e la lavorazione delle carni di pollo: Tyson (la più grande), Gold Kist, Pilgrim’s Pride, ConAgra Poultry e Perdue Farms, le quali producono carne di pollo “in atroci condizioni sotto il profilo sanitario e della sicurezza”. Secondo il GAO (Government Accountability Office), i lavoratori impiegati presso questi impianti di lavorazione presentano “uno dei più elevati tassi di lesioni e malattie di tutto il settore industriale”. Si è citata l’esposizione a “pericolose sostanze chimiche, sangue, materia fecale, il tutto esacerbato da scarsa ventilazione e, spesso, temperature estreme”.
Oltre a ciò, i polli sono racchiusi in spazi assai esigui e

“negli allevamenti in batteria viene loro impedito di muoversi o svolgere qualsivoglia esercizio motorio [in modo da poter] crescere…molto di più [e più rapidamente] di quanto mai avvenuto in precedenza”.

Si impiegano anche promotori della crescita, che a loro volta determinano problemi per la salute.

In misura sempre maggiore, gli esperti di animali ritengono che sono tali allevamenti – e non quelli asiatici di piccole dimensioni – la reale fonte di pericolose nuove patologie come l’influenza aviaria; tali informazioni sono assenti dal circuito ufficiale, di conseguenza il pubblico viene ingannato. Questo è il modo in cui i colossi della lavorazione della carne di pollo riescono a globalizzare la produzione mondiale, coadiuvati – come una “manna dal cielo” – dalla paura dell’influenza aviaria. Se l’intento di estromettere i piccoli allevatori asiatici avrà esito positivo, la Tyson e altre società saranno in grado di accedere all’enorme mercato asiatico del pollame; il loro scopo è questo, laddove il metodo è l’eliminazione della concorrenza – con l’ausilio di amici nelle alte sfere.

Anche la creazione della prima popolazione di animali OGM fa parte del piano, nella prospettiva di trasformare i polli di tutto il mondo in volatili OGM. Engdahl la mette in questi termini:

“All’indomani del 2006, cavalcando la paura di un’epidemia umana di influenza aviaria, i rappresentanti degli OGM o della Rivoluzione Genetica miravano chiaramente a conquistare la più importante fonte di proteine a livello mondiale, ovvero il pollame.”

Nondimeno si prospettava anche un altro piano volto a dominare la produzione globale di derrate alimentari: “Terminator stava per finire sotto il controllo del più grande colosso mondiale dell’agribusiness delle sementi OGM.”

Armageddon genetico: Terminator e brevetti sui maiali

Allo scopo di completare il suo abortito tentativo di acquisizione del 1999, nel 2007 la Monsanto acquisì la Delta & Pine Land (D&PL). La D&PL deteneva i diritti globali sul Terminator e li estese con successo ai GURTs. L’accordo rese la Monsanto “il soverchiante monopolista delle sementi agricole di quasi tutte le varietà”, compresi frutti e ortaggi ottenuti l’anno precedente nel contesto dell’acquisizione della Seminis, azienda grazie alla quale la Monsanto si ritrova ora la prima società nel settore frutta e ortaggi, la seconda nelle colture agronomiche, nonché la terza più grande azienda agrochimica a livello mondiale. Con la D&PL, la Monsanto detiene anche il controllo assoluto sulla maggioranza delle sementi delle piante agricole e, inoltre, sta entrando nel settore dell’ingegneria genetica e dei brevetti relativi agli animali.

Nel 2005, la Monsanto ha richiesto al WTO i diritti di brevetto internazionali per la sua rivendicata manipolazione genetica di un mezzo per identificare i geni di maiale derivati da sperma suino brevettato. La società aspira inoltre ai brevetti e al diritto di riscuotere tasse di concessione per particolari animali da fattoria e mandrie di bestiame. Se tali prerogative verranno concesse, “qualsiasi maiale prodotto utilizzando tale tecnica riproduttiva sarà tutelato dai brevetti in questione”. Man mano che i patrocinatori legali degli OGM riescono a inoltrare istanze di ‘mettere sotto chiave’ la vita animale come proprietà intellettuale, altrettanto velocemente vengono impiegate e brevettate svariate tecniche.
Società come la Monsanto e la Cargill hanno investito ingenti quantità di denaro per modificare geneticamente animali a scopo di profitto, di conseguenza esigono i diritti di brevetto e concessione per i risultati ottenuti, quantunque tutto questo rappresenti il controverso obiettivo di brevettare la vita stessa. Ad ogni modo nel 1980, nell’ambito del caso Diamond v. Chakrabarty, una sentenza della Corte Suprema statunitense ha fornito loro uno spiraglio stabilendo che “qualsiasi cosa realizzata dall’uomo sotto il sole” è brevettabile, decisione che spianò la strada all’epocale brevetto del “Oncomouse”, manipolato geneticamente per risultare maggiormente suscettibile al cancro.
Engdahl descrive il modo in cui i colossi dell’agribusiness hanno adottato una “campagna di menzogne e distorsioni furtiva, sistematica e debitamente appoggiata”, volta ad avanzare in direzione dello scopo ultimo di Henry Kissinger: assumere il controllo del petrolio e avere il controllo delle nazioni; assumere il controllo delle derrate alimentari per avere il controllo delle popolazioni”. Il perseguimento di ambedue gli obiettivi è in fase di realizzazione, con scarsa consapevolezza da parte del pubblico su quanto sia avanzato lo stato delle cose e quanto sia sconsiderato il piano – manipolare geneticamente tutte le piante e le forme di vita e controllare la popolazione mondiale selezionandone le parti “indesiderate”.

 

Postfazione: organizzare l’opposizione

Nel 2006 un tribunale del WTO ha emesso una sentenza favorevole agli Stati Uniti a scapito dell’Unione Europea, sentenza che in tal modo minaccia di aprire questa importante area agricola alla “introduzione forzata [di] piante e prodotti alimentari geneticamente manipolati”.
Raccomandava che il Dispute Settlement Body (DSB-Ente di Risoluzione delle Dispute, ndt) del WTO richiedesse alla UE di rispettare i propri obblighi in base all’accordo SPS del WTO stesso, che consente all’agribusiness di ignorare diritti e leggi nazionali a tutela della salute e della sicurezza pubbliche. Per i paesi della UE la mancata osservanza di tali obblighi può comportare costi nell’ordine delle centinaia di milioni di dollari in sanzioni annuali, quindi la questione è di importanza cruciale per ambo le parti in causa.
All’epoca dello scritto di Engdahl, non era chiaro se la “mostruosa e malefica macchina degli OGM sarebbe stata fermata a livello globale”. La questione è tuttora incerta, ma al dicembre 2007 nella UE solo nove prodotti alimentari biotech hanno l’autorizzazione alla vendita. Sinora le esportazioni statunitensi di mais sono per la maggior parte bloccate e il commercio di altri prodotti viene impedito, nonostante dozzine di richieste pendenti in cantiere il cui destino non è ancora stato deciso.

Alcuni paesi della UE, fra cui Francia, Germania, Austria e Danimarca, bandiscono persino prodotti alimentari biotech approvati dalla UE, annebbiando ulteriormente le prospettive. I sondaggi ne indicano la motivazione, dato che l’opinione pubblica europea si è opposta con pervicacia agli alimenti e ingredienti OGM; in Francia i livelli di ostilità arrivano all’89 per cento, mentre il 79 per cento della popolazione vuole che i governi bandiscano i prodotti in questione.
Questo dimostra che i cittadini europei sono di gran lunga più avanti dei loro corrispondenti statunitensi, nonché molto meglio tutelati (sinora) dalla relativa esclusione complessiva e dalla legislazione che impone l’etichettatura dei prodotti autorizzati alla vendita. Tale normativa è di importanza cruciale, in quanto mette i consumatori nelle condizioni di decidere se avvalersi o meno di questi alimenti; se le persone se ne asterranno in numero consistente, gli esercizi del settore prodotti alimentari non li terranno in vendita.

[AGGIORNAMENTO, al 26/05/2017: nel frattempo, l’11 Marzo 2015 il Parlamento Europeo avrebbe varato la Direttiva UE 2015/42, che introduce nei paesi dell’UE alcune tipologie brevettate di grano OGM, quali il MON810 di Monsanto, il TC1507 della Pioneer, il GA21 e il Bt11 di Syngenta, con la possibilità di esclusione geografica per i paesi UE che lo richiedessero: Ungheria, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Grecia, Francia, Austria, Croazia, Slovenia, Bulgaria, Danimarca, Cipro, Malta, Scozia, Irlanda del Nord, Galles (per approfondire, vedi questo articolo). Inoltre è attualmente in fase di approvazione il Canada and Europe Trade Agreement (CETA) che permetterebbe la libera circolazione nell’UE dei prodotti canadesi, tra cui anche il grano OGM, legale in Canada, NDR].

Engdahl conclude facendo notare quanto i colossi degli OGM siano vulnerabili alle critiche.
Il fatto di ficcare in gola ai consumatori prodotti non testati costituisce “la base su cui organizzare una moratoria o bando globale sui prodotti stessi”, sempre che si riesca a organizzare una sufficiente opposizione che sappia farsi sentire.
In tutto il libro, Engdahl suona l’allarme con dovizia di fatti accuratamente documentati sull’industria, i suoi prodotti e le sue finalità.
Convertire l’agricoltura mondiale agli OGM, consentire all’agribusiness di gestirli a proprio piacere e combinare tale piano con una diabolica agenda di eliminazione mirata della popolazione, tutto questo equivale a risolvere la fame nel mondo tramite il genocidio, mettendo al contempo in pericolo la parte restante.
Sinora Washington e l’industria procedono a gonfie vele verso il controllo del petrolio e del cibo. Centinaia di milioni di persone in tutto il mondo vi si oppongono, ma non è chiaro se ciò sia sufficiente.
Il libro di Engdahl rappresenta un accorato appello per far comprendere a ogni amico della Terra che questioni talmente cruciali non possono essere lasciate nelle mani di colossi degli affari privi di scrupoli e dei loro compiacenti amici delle alte sfere di ogni angolo del pianeta. Il libro presenta pile di argomenti contro costoro; è necessario leggerlo con attenzione e utilizzarne le informazioni. La posta in gioco è troppo alta. La salute e la sicurezza degli esseri umani non devono mai essere sacrificate in nome del profitto.

QUI la prima parte

Articolo pubblicato originariamente su NEXUS New Times n.76, Ottobre – Novembre 2008

tratto da: http://www.nexusedizioni.it/it/CT/i-semi-della-distruzione-parte-2-5537

I SEMI DELLA DISTRUZIONE – PARTE 2ultima modifica: 2017-06-11T10:52:02+02:00da eles-1966
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